Domenica 29 ottobre in scena il dramma rossiniano, di nuovo a Napoli dopo quasi 200 anni.
La Prima era prevista per il 25 ottobre ma la Fondazione, visto l’evolversi dello sciopero dei lavoratori, in anticipo ha annunciato l’annullamento di quella recita, lasciando invariate le date delle repliche. Domenica quindi c’è stata un “seconda” Prima. Ad accogliere il pubblico Stéphane Lissner, appena reintegrato come Sovrintendente del Massimo
“Maometto Secondo” fu composta da Gioachino Rossini proprio per Napoli nel 1820 e questa produzione è appena la terza eseguita al San Carlo, dopo la prima assoluta e la ripresa del 1826. Al tempo i ruoli di Anna Erisso e Maometto furono interpretati rispettivamente da due miti della lirica, quali Isabella Colbran e Filippo Galli.
Allo stesso modo quello del 2023 è un cast composto di grandissimi nomi dell’attuale panorama belcantistico. Il ruolo del titolo è interpretato da Roberto Tagliavini, quello di Anna Erisso dal mezzosoprano russo Vasilisa Berzhanskaya. Affidato al tenore russo Dmitry Korchak il ruolo di Paolo Erisso e al mezzosoprano armeno Varduhi Abrahamyan quello di Calbo. A completare il sestetto gli artisti dell’Accademia Li Danyang (Condulmiero) e Andrea Calce (Selimo). Dopo aver diretto l’Orchestra del San Carlo alla Prima d’Inaugurazione dell’“Otello” verdiano nel 2019, torna sul podio napoletano il Maestro Michele Mariotti, attuale Direttore musicale dell’Opera di Roma e affermata bacchetta italiana nel repertorio mondiale.
Applausi a scena aperta per il direttore e l’intero cast, che ha offerto a una sala non piena ma ricca sia di melomani che di turisti delle grandi prove vocali, nel pieno rispetto della scrittura rossiniana con i suoi ornamenti e tecnicismi.
Aperta contestazione alla regia moderna proposta da Bieito.
La serata però non ha visto solo spiccare le doti canore, sceniche o musicali. La regia in chiave moderna non ha affatto incontrato il consenso del pubblico, anzi. Al momento dei saluti, il regista spagnolo Calixto Bieito, al suo debutto a Napoli, insieme ad Anna Kirsch (scene), Ingo Krügler (costumi) e Michael Bauer (luci), unisce quasi interamente la sala sotto il rumore dei fischi e dei buu. Alla base, oltre che il rifiuto della modernità in presenza di un’opera così rara e così “napoletana” la causa del fiasco potrebbe essere stata anche l’allusione troppo appariscente alle guerre di questi tempi.
Nel contesto di un’opera ambientata alla fine del Quattrocento, la scena è dominata da elementi simili a hedgehogs, lastre metalliche anticarro usate nei conflitti mondiali. In alcuni momenti del primo atto, alludendo con evidenza alla speranza, queste si tingono di verde, per poi sprofondare in un funesto nero nel secondo atto. Distacco dalla tradizione anche nei costumi: Anna è in un sinuoso vestitino floreale, Maometto in giacca e camicia e proprio loro, nel mettere in scena un sentimento di amore sincero ma irrealizzabile, si danno a gesti di passione, talvolta espliciti, stesi su un sofà. Riferimenti anche alle condizioni in cui riversano madri e bambini in tempo di guerra, con l’inserimento di giocattoli e culle.
Prossime recite, a cast unico, 31 ottobre, 2 novembre, 5 novembre.
Immagini riservate – a cura di Giuseppe Scafuro