Lunedì 3 giugno, presso l’Aula Magna del Liceo Classico “J. Sannazaro” di Napoli, è stato presentato l’ultimo lavoro del prof. Gennaro Lubrano Di Diego, “Finis scholae. Frammenti di una passione inattuale” (De Frede editore). Al dibattito, moderato dal prof. Daniele Di Rienzo (Liceo Sannazaro), sono intervenuti i proff. Biagio Buonomo (Liceo Alberti), Annamaria Palmieri (Dirigente scolastica), Carlo Pontorieri (storico delle istituzioni politiche) e Loredana Saini (Liceo Sannazaro). Il volume di Lubrano Di Diego, che completa la trilogia comprendente due libri editi da Guida (“Salve prof! … ovvero la meraviglia dell’educare” e “Almanacco di un professore”), è imperniato sull’estremo declino che ha investito il sistema scolastico italiano negli ultimi decenni, riconducibile ad una serie concomitante di fattori quali pedagogismo, didattichese e sindacalese, impreparazione dei docenti, eccesso di burocrazia, test demenziali, declinazione utilitaristica dei saperi, attività vacue e ipertrofica invasione tecnologica con conseguente digitalizzazione della didattica. Una scuola, ridotta a palestra per consumatori efficienti, che militi contro la formazione di coscienze critiche, ha abdicato al suo compito di luogo di formazione paideutica per futuri cittadini consapevoli.
«Senza una rivoluzione culturale che parta dagli insegnanti – secondo l’autore, intervenuto alla fine del dibattito – e che reagisca a questo pluri-decennale clima di riduzione della scuola a dimensione altra da sé, il destino è quello della disfatta. E se si disfa la scuola, si disfa la civiltà a cui essa appartiene». Le note di mordace indignatio, di rabbiosa delusione, si alternano a gustosi quadretti narrativi che smorzano i toni da requisitoria, senza tuttavia inficiarne l’efficacia, rendendo accattivante e seducente la disamina; disamina che arriva a coniugare accenti apocalittici con altri di tenore spassosamente popolareggiante. Eppure, pur nella notte buia della scuola, un barlume di speranza continua a intravedersi nell’animo del docente appassionato, che ha sconfessato il ruolo di facilitatore per assurgere deliberatamente a quello di “difficilitatore”: un barlume che sprizza «dagli occhi interroganti dei ragazzi, dalla loro disponibilità a farsi attraversare dalla bellezza dell’avventura conoscitiva, dall’evidenza del loro crescere a contatto con gli stimoli che il nostro patrimonio spirituale mette a disposizione».
A cura di Massimiliano Longobardo