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Piera Russo nel cast della miniserie evento Rai “Mameli – il ragazzo che sognò l’Italia”

Ciao Piera vorrei partire con una domanda classica. Come ti sei avvicinata alla recitazione? C’è stato qualcosa o qualcuno che ti ha spinto verso questo mondo?

Paradossalmente non c’è un momento in cui mi ci sono avvicinata. Ricordo che all’età di sei anni, quando mi chiedevano che lavoro volessi fare da grande rispondevo: l’attrice. Ho sempre desiderato fare questo mestiere da che ricordo. Immagino che il desiderio sia nato dall’incanto che provavo ogni volta che vedevo un film al cinema e in televisione. Mi immedesimavo intensamente nei personaggi, piangevo e ridevo con loro, ed era come se il protagonista di ogni film accendesse in me la volontà di fare ciò che faceva. Nella mia mente da bambina pensavo che erano talmente tante le cose belle da fare in questo mondo che l’unico modo per farle tutte era fare l’attrice. Questo desiderio è poi diventato una volontà concreta quando ad un corso di teatro con Franca Rame lei, dopo avermi vista recitare, mi disse che sarei diventata una grande attrice e che sperava che in futuro avrei ricordato le sue parole. Quelle parole non le ho mai dimenticate e ogni volta che ho dei momenti di sconforto professionale torno a quel ricordo e prendo forza dalla consapevolezza che una grande donna e attrice come Franca ha visto una luce in me.

Il tuo mestiere è fatto di attese: sui set, a teatro e anche le attese che accompagnano i provini. Come affronti tu l’attesa? 

Sui set e a teatro utilizzo i momenti di attesa per rilassarmi e recuperare le energie necessarie per una buona performance. Li reputo momenti preziosi per riconnettermi a me stessa e al personaggio.

Ogni volta che sostengo un provino invece, fino al momento stesso del provino non faccio altro che studiare al massimo la parte. Dopo averlo fatto cerco di non pensarci più, dimentico quasi di averlo sostenuto perché so che sono talmente tanti gli elementi che entrano in gioco nella scelta di un attore che non avrebbe senso rimuginarci sopra. Sicuramente in questo caso le attese sono condizioni un po’ negative ma provo a conviverci cercando di focalizzarmi sugli aspetti rispetto ai quali ho potere. In primis la mia crescita artistica che nutro attraverso il training fisico, la visione di film e spettacoli teatrali e attraverso letture.

Sei nel cast della miniserie “Mameli – il ragazzo che sognò l’italia” in onda il 12 e il 13 Febbraio su Rai 1. Che effetto ti ha fatto essere parte di un progetto dedicato all’autore dell’inno degli italiani?

E’ molto emozionante perché attraverso la sua storia sono arrivata a comprendere le ragioni che hanno portato Mameli a scrivere l’inno. Oltre ad essere un poeta, Mameli era un combattente che lottò con Garibaldi per l’unità d’Italia e l’inno nasce come coro di protesta rivoluzionario contro le dominazioni straniere. Lo stesso personaggio che interpreto è parte attiva di quella rivoluzione che ha portato l’Italia ad essere una nazione libera e democratica. Ed è sicuramente una grande responsabilità interpretare personaggi che sono realmente vissuti e che hanno lottato rischiando la morte per i diritti di cui oggi godiamo.

La costruzione del personaggio che hai interpretato non deve essere stata semplice. Parlaci delle difficoltà che hai incontrato e di come le hai superate.

La prima difficoltà è stata interpretare una donna distante da me sia temporalmente che spazialmente, essendo genovese. L’ho affrontata studiando tanto sia il periodo storico sia il dialetto e l’atteggiamento dei genovesi, che è essenziale e schietto, sobrio nelle espressioni emotive ma sentimentalmente denso (per entrare nelle sonorità emotive del genovese ho ascoltato molto l’album “Creuza de ma” di Fabrizio Dè Andrè). Mi sono immersa quindi attraverso lo studio e l’immaginazione nella Genova di metà ottocento ed è stato poi molto emozionante vedere sul set quell’universo che avevo creato nella mia mente, curato nei minimi dettagli grazie a scenografi e costumisti di altissimo livello. Una seconda difficoltà è stata quella di rintracciare in me e far uscire fuori l’essenza di Armida, una donna eroica, combattiva che non ha paura di farsi rispettare e che sceglie con coraggio di mettere a rischio la sua stessa vita per lottare e garantire ai figli un futuro migliore. Questa difficoltà l’ho affrontata scavandomi dentro e quando sono riuscita a rintracciare la mia Armida è stato catartico.

Si dice che i personaggi non arrivano per caso nella vita di un attore o di un’attrice. Tu ci credi? E perché secondo te il caso ha voluto farti incontrare Armida?

Ne sono convinta totalmente, ed è proprio perché quel personaggio parla intensamente all’anima dell’attore che lo interpreterà a far sì che l’attore sia illuminato da una luce particolare al provino e riesca ad ottenere la parte. Interpretare Armida è per me stato quasi terapeutico e credo che la vita ha voluto che ci incontrassimo per farmi riscoprire una forza che avevo messo un po’ a tacere. Armida è una donna che non teme di essere sincera e schietta. Non cerca l’approvazione di nessuno perché è consapevole di ciò che le accade attorno e le sue azioni sono sempre frutto di una riflessione interna. E’ una donna estremamente concreta, che difende ardentemente chi ama e che in un mondo di uomini è disposta a puntare il coltello, anche contro chi ha potere, pur di farsi rispettare. E’ una donna che nonostante la sua condizione precaria sceglie di lottare per poter donare ai figli un futuro migliore. Questo personaggio è arrivato ad insegnarmi che quando ho la consapevolezza di agire per un obiettivo giusto e positivo per me e per gli altri, nessuno può avere il diritto di fermarmi. E se penso che ci sono donne nel passato che non sono mai state raccontate ma che sottobanco hanno dato informazioni, spazi, hanno accolto nelle loro case rivoluzionari rischiando la propria vita per sovvertire un potere oppressore la profondità di Armida appare ancora più chiara. Se dovessi condensare Armida in una sola parola userei “coraggio”.

Riascoltare l’inno nazionale di Mameli dopo aver preso parte a questo progetto ti restituisce qualcosa in più rispetto a prima? Se si cosa?

Avendo avuto la fortuna attraverso il cinema di rivivere il momento storico che ha portato alla creazione dell’inno, oggi riascoltarlo mi restituisce la verità di ogni parola, fatta di persone in carne e ossa che hanno combattuto per la nostra libertà.

Un saluto ai nostri lettori e un consiglio per quelli che vogliono intraprendere un percorso artistico nel campo della recitazione.

Il mio consiglio e di chiedersi perché si vuole intraprendere un percorso artistico poiché se nasce da un’esigenza espressiva, dall’amore nei confronti di questo lavoro e delle emozioni che può donare al pubblico, allora si riuscirà a far fronte alle tante difficoltà che si incontreranno nel percorso. Nel caso in cui ci sia solo una spinta egocentrica a sostenerlo anticipo che i sacrifici sono talmente tanti che non ne varrà la pena. Se però il desiderio è davvero autentico allora continuate a camminare con coraggio creando passo dopo passo la vostra strada.

Intervista a cura di Salvatore Vincenzo Catapano

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