“Satana” è un brano che parla di depressione, una canzone cantata da dentro, che costringe l’ascoltatore al buio e al confronto. Il titolo si riferisce metaforicamente alla figura Satana come incarnazione del male, una sofferenza interiore che, come un buco nero, è in grado di risucchiare tutto, soprattutto noi stessi.
Le sue sonorità sono cupe, il riverbero della voce fa da contrasto a uno spazio che sembra chiuso, isolato, interno. La chitarra, nel frattempo, non ha mezze misure: o culla e ipnotizza insieme al pianoforte o squarcia la tela dell’ascolto mentre la batteria continua imperterrita a pulsare. La canzone rimanda a certe sonorità anni ‘90, soprattutto nell’esplosione centrale, che lascia intendere la possibilità di usare quel baratro come benzina per una spinta, per poi richiudersi in una specie di battito cardiaco che va a morire nel finale, in un pianto impossibile.
Abbiamo intervistato per voi i Liv Charcot per scoprire il nuovo singolo e i prossimi impegni.
Come è iniziato il vostro viaggio artistico?
Io e Lorenzo ci siamo conosciuti alle superiori e da lì insieme anche ad altri amici abbiamo cominciato a suonare. Il nostro primo gruppo si chiamava “Indovena” una band con influenze punk rock.
Successivamente alcuni amici che componevano la band hanno intrapreso altre strade e con Lorenzo abbiamo deciso comunque di portare avanti il progetto con un altro nome e da qui sono nati “Liv Charcot”.
Quali artisti ispirano la vostra musica?
Il punk ed il grunge sono state le nostre prime influenze, oltre a queste sicuramente Battisti Dalla e Battiato ma anche Radiohead e la musica italiana degli anni ’90.
Come definireste la vostra musica e quali messaggi vorreste veicolare con essa?
Non saprei neppure come definirla quello che produciamo è il frutto di qualcosa che in parte viene da dentro di noi e qualcosa che prendiamo da quello che vediamo e viviamo nel mondo di oggi.
Non abbiamo messaggi da veicolare ma ci piacerebbe che le persone che ascoltano la nostra musica si identifichino in quello che cerchiamo di esprimere sia musicalmente che con le parole.
Quando finite di produrre un brano chi lo ascolta per primo?
Entrambi direi! Siamo particolarmente “smaniosi” di sentire come un brano è venuto e non vediamo l’ora di ascoltarlo subito. Abbiamo punti di vista per fortuna diversi ma estremamente compatibili suonando insieme fin da piccoli.
Come vi rapportate con la scena musicale della vostra città?
Molto bene, amiamo la nostra città in cui viviamo, Livorno, e abbiamo un bellissimo rapporto anche con le persone ed i musicisti che la popolano. Basta pensare alle varie collaborazioni che abbiamo avuto in queste canzoni come Dario Gentili e Alesssio Carnemolla alla batteria o Giulio Fagiolini al piano, Nicola Porciani che ha curato la pre produzione delle canzoni. Ci riteniamo un porto aperto proprio cime la nostra città.
È uscito da poco il vostro nuovo singolo, da cosa è stato ispirato “Satana”?
“Satana” rappresenta il mostro del male, non è un diavoletto con le corna, è qualcosa che tutti ci portiamo dentro. A volte pensiamo di averlo sepolto, sconfitto, che sia scomparso, superato. Invece in qualunque momento può capitare che sbuchi di nuovo fuori, e scopriamo che era in esilio ma non morto, e non muore mai. Quando si ripresenta è in grado di attrarci e risucchiare tutti i nostri pensieri facendoci piombare in un piccolissimo buio. Questa è la sensazione che la musica e il testo di “Satana” provano a descrivere e condividere con l’ascoltatore.
Dove vi porterà il vostro amore per la musica? Su cosa state lavorando?
“Que serà serà” erano le parole di una famosa canzone, nel senso che siamo molto contenti di quel che fino adesso ci ha già dato la musica e allo stesso tempo siamo molto carichi per quel che accadrà.
Per l’appunto stiamo lavorando a nuove canzoni oltre all’uscita prossima di un Ep e alla realizzazione di un live che spacchi di brutto!