martedì, Dicembre 3, 2024
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“Le notti bianche”

Il consueto appuntamento con le amiche lettrici di “Cuore di libro” si svolge rigorosamente alla libreria Tasso a Sorrento.

Per chi non lo ricordasse, si era deciso di leggere “Le notti bianche” di Fëdor Dostoevskij.

Un classico che risveglia l’anima.

L’autore indaga il cuore umano e svela ciò che è nascosto negli angoli bui o quel che pur essendo visibile il più delle volte è non visto da molti/e.

Demonizzare la sofferenza non è certamente lo stile di Dostoevskij, proficuo per lui, semmai, è considerarla purificatrice di vite. E come dice Nastenka al sognatore: “… Perchè tutti noi non siamo come i fratelli con i fratelli? Perchè anche l’uomo migliore nasconderà e tacerà sempre qualcosa ad un altro? Perchè non dire senz’altro ciò che si ha nel cuore, se si sa che non si dicono al vento le proprie parole? Ma ognuno cerca di apparire più arcigno di quanto non sia in realtà, come se tutti temessero di sciupare i propri sentimenti esprimendoli troppo presto…”.

Dostoevskij è lo scrittore per eccellenza, non l’unico ovviamente, che smuove le viscere, accompagna fuori dalla caverna delle proiezioni immaginarie, fa girare la giostra al contrario e il godimento è assicurato, sì, perché non c’è miglior gioco di quello che lascia spazio allo stupore.

“Le notti bianche” è uno struggente romanzo che racconta la solitudine interrotta da un incontro. Quattro lunghissime notti vissute tra realtà e illusioni abbagliate dalla luce bianca che illumina Pietroburgo.

Dostoevskij ce le racconta con un talento naturale nel muovere le parole.

Non accelera e non rallenta, tiene il ritmo giusto della storia. Ogni storia ha il suo e basta un niente a farlo volare via e sfumare tra i pensieri del lettore che distratto continua a leggere, ma senza coinvolgimento, finendo per non ricordare quasi nulla di ciò che ha letto.

Dostoevskij è un arciere che nel rito di scoccare la freccia è perfetto e il centro è garantito.

Fëdor Michajlovi? Dostoevskij è nato a Mosca l’11 novembre 1821.

“Povera gente”, è stato il suo primo romanzo. 

Dostoevskij fu condannato a morte, accusato di attività sovversive, ma la pena alla fine si trasformò in lavori forzati per grazia ricevuta dallo Zar Nicola I. Questo evento segnò in modo particolare la sua vita che fu spesso costellata di episodi dolorosi 

Tra le altre sue opere ricordiamo: “Il Sosia”, “Memorie dal sottosuolo”, “L’idiota”, “Delitto e castigo”, “Il giocatore”, “I demoni”, “I fratelli Karamazov”.

È morto a San Pietroburgo il 9 febbraio 1881, nella sua casa, divenuta un museo a lui dedicato.

Le amiche lettrici non vedono l’ora di confrontarsi. Iniziamo da:

Ornella Cuomo: “Leggendo il libro ho riflettuto sul fatto che ognuno reagisce agli eventi in un determinato modo e in base al proprio vissuto. Penso che il protagonista abbia un certo atteggiamento per questo motivo. E poi la domanda che mi sono posta: è giusto rivivere continuamente un momento particolare della propria vita? Credo che una persona debba almeno cercare, se riesce, di andare avanti e superare la solitudine proveniente dal sentirsi imbrigliati, senza via d’uscita e con un sogno che forse si considera irrealizzabile”.

Angela Ansalone: “Letto un po’ con difficoltà e mi sono chiesta il perché.  

La storia non mi intriga, è lontana dai nostri costumi e vissuti come lo è il lessico che la esprime. Non nascondo un certo fascino subito nell’immergermi in tempi lontani, purtuttavia non c’è stata risonanza emotiva né un messaggio utile al mio bisogno di conoscenza e di evoluzione. Quindi una lettura per dovere letterario più che per piacere

Paola Pagnotti: “In questa lettura emergono, fin dalle prime pagine, i bisogni dei protagonisti che avevano avuto esperienze di vita che lasciano il segno, nonostante la loro giovane età. Vengono descritti infatti sentimenti e stati d’animo quali la solitudine, l’illusione, il bisogno di attenzioni, l’inquietudine e a volte anche l’incertezza di ciò che desiderino veramente. Da persona poco sognatrice e più con i piedi per terra amo sottolineare la gradevolezza dell’atmosfera che fa da sfondo alla storia: il sole che non tramonta completamente offre particolari e magici giochi di luce”.

Angela Cacace: “Felice di aver recuperato questo classico mai letto prima.

Sebbene lo abbia trovato cerebrale e abbia “faticato” un pochino nella lettura, mi ha fatto molto riflettere su quanto l’animo umano, i sentimenti rimangano immutati nel tempo”.

Come sempre si è rivelato un incontro colmo di ispirazione, poiché le parole dette, gli sguardi hanno dato respiro all’amore per la lettura e a tutto ciò che ne consegue.

Il romanzo scelto per la prossima volta, dalle meravigliose appassionate lettrici, è “Io sono Hotel Garibaldi” di Marco Proietti Mancini.

A cura di Maria Grazia Grilli

Immagine Feltrinelli

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Redazione StreetNews.it
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