L’8 e il 9 giugno il nostro voto deciderà i deputati che vorremmo ci rappresentassero al Parlamento europeo.
Ormai siamo esperti. Sappiamo come funziona: ci si incammina verso un luogo, si mostra un documento, si riceve una matita, un foglio di carta con nomi, cognomi e disegni vari, si barra quel che si vuole, si riconsegna tutto, ci si riappropria del documento, si torna a casa e si aspetta. A volte il risultato è “Aspetta e spera!”, altre volte è “Aspetta.”, altre ancora: “Aspè”.
A parte l’ironia che mi auguro sia concessa, la speranza si può ancora coltivare dopo anni di fiducia, in molti casi, tradita?
Come al solito gli schieramenti sono due: chi afferma sì e chi no. Vedremo come andrà a finire.
C’è a chi piace e chi non la pensa neppure lontanamente l’Unione Europea, prima di parlare con Annunziata Coppola diamo un’occhiata a quali potrebbero essere i motivi.
“I deputati lavorano per mettere in risalto importanti temi politici, economici, sociali oltre che per sostenere i valori dell’Unione Europea come il rispetto dei diritti umani, la libertà, la democrazia, l’uguaglianza e lo Stato di diritto”. (Dal sito ufficiale del Parlamento europeo).
E allora come mai spesso nei singoli Paesi si discute ancora di povertà, libertà, criminalità e diritti? Insieme si balla il liscio e da soli ci si scatena in tutta un’altra musica? Com’è la storia?
“Nel 2012, l’Unione Europea è stata insignita del Premio Nobel per la pace per aver contribuito a trasformare la maggior parte dell’Europa da continente di guerra a continente di pace e per il suo impegno a favore della riconciliazione, della democrazia e dei diritti umani in Europa.” (Dal sito ufficiale del Parlamento europeo).
Uniti si marcia per la pace e singolarmente si inviano armi ai Paesi in guerra. Si fatica a rimanere con la schiena dritta, appare ovvio. Ma di tutta questa ovvietà che ne dovremmo fare?
Il voto è un grande potere, che però passa di mano in mano e cioè dalle mani di chi vota a quelle di chi è votato, sono passaggi fortemente “rischiosi”, basta che uno dei due sia inconsapevole o non abbia la saggezza necessaria e il disastro è assicurato.
Nel caso delle europee, il voto determinerà quali deputati ci rappresenteranno nell’elaborazione di nuove leggi e influenzeranno l’elezione della Commissione europea.
Come si può immaginare le nostre vite ricaveranno degli effetti dalle decisioni messe in campo dalle persone elette.
Ma scopriamo il punto di vista di Annunziata Coppola.
Non credo ci sia bisogno di dire che le porrò domande estendibili a tutti i personaggi politici candidati all’Europarlamento.
Candidarsi alle europee è una sfida politica notevole, perché si è candidata?
Mi sono candidata attratta dall’intento del presidente Conte: “Essere costruttrici e costruttori di pace”.
Sì, perché io anche nelle mie vicende personali a un certo punto ho capito che la guerra non conduce da nessuna parte, mentre la pace sempre porta i suoi frutti, che all’inizio si potranno non vedere, ma con il tempo si raccoglieranno sicuramente.
Ho uno spirito indubbiamente conciliativo che adotto un po’ in tutte le occasioni della mia vita e che mi fa stare serena con me stessa e con il mondo intero, perciò la mia volontà è di mettermi al servizio di questo progetto ambizioso che ho amato fin da subito.
Questa è la motivazione, il moto del mio animo.
Stiamo vivendo in un’Europa che ha perso, a mio avviso, le sue peculiarità iniziali.
L’Unione Europea è nata nel dopoguerra da uno scenario di devastazione e noi lo abbiamo dimenticato.
L’Europa concede che le guerre vengano alimentate, addirittura, dalle nostre risorse. È spaventoso.
Siamo diventati smemorati, pertanto quando il presidente Conte ha proposto l’idea di mettere la parola pace sulla nostra bandiera io ho avuto un brivido in tutto il corpo e ho pensato: finalmente qualcuno che ha il coraggio di parlare di un valore che la maggior parte dei cittadini e dei politici ha perso di vista.
Da anni ormai il voto è snobbato da molte persone che non hanno più la speranza in un cambiamento che porti vero benessere.
La gente soffre, poiché non ha abbastanza soldi per vivere dignitosamente.
Alcuni luoghi sono enormemente pericolosi, sì, oserei dire che è meno rischioso prendere un aereo e recarsi in una grande metropoli che tornare a casa di notte, alle ventidue, in certi quartieri come Caivano per citarne uno.
La burocrazia in Italia è una spina nel fianco spesso e volentieri, ma credo anche in altri paesi dell’Europa. Non parliamo del mondo poi.
L’Unione Europea ha il potere legislativo e forse non lo usa a trecentosessanta gradi? E cioè non obbliga i singoli Paesi a operare capillarmente sul loro territorio?
Sì, sono d’accordo.
L’Unione Europea potrebbe fare molto di più.
Che le persone stiano male è un dato di fatto ed è sotto gli occhi di tutti. Soprattutto nelle periferie. A dire il vero noi potremmo definirci, visto e considerato, la periferia dell’Europa. Lo Stato italiano non è riuscito ad attuare politiche produttive per i territori, come nel caso di Caivano.
Bisognava che la cosa esplodesse per intervenire? Certamente no. Era risaputo cosa fosse il Parco Verde di Caivano, non dovevamo aspettare l’escalation che poi è andata in televisione. È stata una vera e propria negligenza che hanno avuto tutti i politici che si sono succeduti negli ultimi anni e l’Europa è inadempiente.
Se oggi noi diciamo che l’ottantacinque per cento delle scelte del Governo italiano derivano dagli input provenienti dalla comunità europea, allora come mai non ci si occupa di chi vive in condizioni di estrema ristrettezza economica? Per quale ragione non si fa in modo che l’Unione Europea intervenga in queste periferie che sono periferie delle periferie?
La politica del Movimento 5 stelle mette al centro la persona e fa in modo che nessuno rimanga indietro. Sappiamo benissimo quanto il Movimento sia stato ostacolato in queste politiche. E voglio ricordare il reddito di cittadinanza; è una misura che ha dato tanto e particolarmente nel periodo critico per l’Italia ossia durante la pandemia. Ha permesso a molta gente di non finire sull’orlo del declino.
C’erano, senza alcun dubbio, delle storture nella legge che andavano migliorate, però il Governo ha smantellato una misura che, comunque, sosteneva chi era in difficoltà. Le conseguenze sono che la povertà è aumentata e gli individui estremamente vulnerabili, sotto tutti i punti di vista, continuano a esistere nel Parco Verde di Caivano, benché non se ne parli più, non essendoci fatti eclatanti, ma intanto in quelle case si vivono ancora situazioni delicate.
Uno sguardo attento andrebbe riservato ai servizi sociali e agli enti che sono oberati da continue richieste di intervento; i disagi familiari, individuali ed economici sono talmente tanti che le risposte non riescono a essere all’altezza, dato che mancano le strutture adeguate per supportare le famiglie e le categorie fragili. Il lavoro da fare è veramente molto.
Tra l’altro non si creano politiche efficaci per i giovani, si parla continuamente di progetti per loro, ma se i giovani riescono, effettivamente, a creare un’attività imprenditoriale lo devono al fatto di poter attingere ai mezzi propri; sono a conoscenza di poche realtà nate dal supporto statale.
Inoltre la partita Iva in Italia è penalizzante, nel momento in cui la si apre si pagano solo tasse e basta. Questo incentiva le persone, che non riescono a sostenere le spese, a lavorare non in regola. Una certa politica, e mi riferisco anche al Governo attuale, favorisce questo comportamento illegale, anzi con la perdita del reddito di cittadinanza stanno aumentando i lavori in nero e la delinquenza.
Nel mio comune l’anno scorso, in campagna elettorale, abbiamo lanciato l’idea di tagliarci l’indennità di carica per istituire un fondo comunale di solidarietà, praticamente aiutiamo chi non ha entrate; in più da qualche mese dodici persone sono in opera con lavori di pubblica utilità.
L’UE deve necessariamente intervenire per fare in modo che essa stessa rispetti gli obiettivi che aveva: pace, concordia e benessere per tutti. Questi valori debbono essere garantiti. L’Europa deve farsi un grande esame di coscienza e rendersi consapevole che l’unione dei popoli si può ottenere soltanto se si interviene a trecentosessanta gradi e questa è una responsabilità di cui si dovranno fare carico coloro che andranno a occupare i posti strategici all’interno del Parlamento europeo.
Lei è nata a Nola e vive a Cicciano, piccole comunità dove i problemi seppure in miniatura rimangono problemi. Come si è formata politicamente?
Il mio impegno politico ha la sua valenza nel territorio, non sono nuova alla politica: nel 2018 ho partecipato alle elezioni nel mio comune come candidata sindaco, diventando consigliere comunale di minoranza; nel 2023 ho riproposto la mia candidatura, questa volta in quota lista civica, sempre Movimento 5 stelle, e rivesto un ruolo politico come consigliere comunale e assessore al bilancio delle attività produttive; fino ad approdare a oggi che mi vede candidata nella circoscrizione sud come Movimento 5 stelle di cui ho sposato i valori sin da quando ho cominciato a fare politica. E li sento ancora più vivi in me adesso che stiamo per andare in Europa.
Il mettermi a disposizione della politica nasce anche dalla mia formazione professionale. Sono un avvocato e quando ho cominciato a esercitare la professione mi capitava di incontrare delle persone che avevano difficoltà ad andare dall’avvocato, non possedendo abbastanza soldi. Io so cosa voglia dire, perché nella mia vita ho avuto delle vicissitudini che mi hanno costretto a prendere decisioni drastiche e sono riuscita a superare quelle circostanze grazie al fatto che lavorassi. L’autonomia raggiunta mi ha consentito di allontanarmi da un contesto familiare nocivo per me e i miei figli.
Tante donne, non avendo la possibilità, mi sono resa conto che non l’hanno potuto fare, allora ho cominciato a formarmi per mettere in condizioni le donne, meno “fortunate”, di fare le mie stesse scelte di libertà e così mi sono specializzata in diritto di famiglia.
Ho aiutato le donne, che non possono permettersi un avvocato, attingendo alle opportunità che offre lo Stato, con spese a suo carico, mediante il patrocinio legale gratuito, affinché, venga garantita la giustizia a chi è in condizioni di indigenza oppure ha un basso reddito.
Faccio questo lavoro con passione e quando mi è possibile aiuto le donne sia psicologicamente che a trovare un lavoro, avendo una rete di supporto che mi sono costruita nel tempo con psicoterapeuti e donne di altre associazioni che fanno volontariato; sovente mi accade di imbattermi in madri con figli/e che hanno una disabilità, le difficoltà che affrontano queste donne sono tantissime per il fatto che molte volte non sono informate, ma la colpa più grande è del sistema: mancano gli apparati, gli enti preposti ad accogliere e includere queste famiglie. Io cerco di dare un sostegno, dato che gli organi competenti sono latitanti. Nel mio comune, sì, ci sono gli assistenti sociali, ma stranamente senza le associazioni di categoria le famiglie con la persona che ha una disabilità non avrebbero un luogo dove confrontarsi con situazioni analoghe.
Questa mia formazione l’ho realizzata proprio per aiutare le persone che hanno più bisogno nella nostra società.
Quali caratteristiche secondo lei sono necessarie oggi per rendere un ottimo servizio come deputato?
La capacità di ascolto e tanta empatia.
In passato ho incontrato deputati e politici che vedevo esclusivamente durante il periodo delle elezioni, quando venivano a cercare i voti e poi chi si è visto si è visto.
Alla luce di questo, io credo che oggi un politico possa essere tale soltanto se ha queste due caratteristiche, perché con esse, qualora arrivi qualcuno a sottoporre un problema, sapendo ascoltare ed entrare in empatia con le emozioni e le sensazioni della persona che si ha davanti, ci si può adoperare per trovare una soluzione, avendo ovviamente competenze e idee.
Se non si hanno queste qualità si può offrire ben poco.
Io sostengo che i politici abbiano il compito di prestare attenzione e ricevere empaticamente le esigenze e le istanze che arrivano dal territorio, poi la bravura sta nel trasferire queste istanze nelle sedi opportune.
Con i diritti come siamo messi? Che una donna possa candidarsi e ricoprire un ruolo politico importante l’abbiamo ottenuto, ma siamo al cento per cento o non ancora?
Sulla questione dei diritti devo dire che io sono contro la quota rosa. Per me è una discriminazione. Una donna si deve poter candidare essendo fermamente convinta di voler servire lo Stato.
Noi al sud siamo penalizzati sui diritti.
Mi riferisco, altresì, al diritto alla salute e in particolare alle liste di attesa per avere visite ed esami diagnostici. Siamo messi davvero male.
Al momento il diritto alla salute e all’istruzione e tanti altri diritti sono compressi. Io sono seriamente preoccupata per di più al pensiero dell’autonomia differenziata. Spero che si arrivi a una sommossa popolare e si ponga un argine attraverso la scelta alle europee con una politica diversa da quella che attualmente governa il Paese, in modo tale che si possa dare una sterzata.
Ormai tutti i partiti, chi più chi meno, hanno deluso i propri elettori, il Movimento 5 stelle credo che non sia da meno, cosa pensa di queste delusioni?
Comprendo moltissimo questi elettori, anch’io ho avuto delle delusioni dal mio stesso Movimento, e ho dovuto prendere atto, purtroppo, che governare non è così semplice, specialmente se non si ha la maggioranza assoluta. Noi sappiamo benissimo che il Movimento 5 stelle nella fase più up di consensi, che non erano tali da permettere di essere alla guida del Paese, è stato costretto a scendere a dei compromessi per portare a casa qualche risultato; qualcosa abbiamo ottenuto e qualcos’altro ceduto.
La politica, mi dispiace dirlo, è fatta di compromessi, innanzitutto, per il sistema elettorale che abbiamo, sì, non consente di avere la maggioranza per decidere di sostenere il proprio programma elettorale senza doversi accordare con altri. In sostanza ci immobilizza. Quando ci troviamo nelle posizioni strategiche in cui dobbiamo amministrare siamo costretti a percorrere strade che, potendo, eviteremmo volentieri. A livello locale accade la stessa cosa, non avendo delle maggioranze piene si devono trovare dei punti di incontro cercando di mediare le opposte esigenze per favorire quante più idee possibili e concretizzare il massimo degli obiettivi.
Capisco le delusioni, ma allo stesso tempo penso che si debba assolutamente votare. Non scegliendo si dà campo libero, spazio, a chi ci ha gestito e governato finora.
Io ho paura della destra al potere, se le persone non andranno a votare avremo un Parlamento europeo che sarà la fotocopia di quello italiano. Vorrei tanto che tutti/e l’8 e il 9 giugno esprimessimo il nostro voto.
Se posso vorrei fare un invito.
Prego.
Andate a votare, non rimanete fermi, non dite: “Tanto chi se ne importa dell’Europa. Che cos’è questa Europa?”. Ho sentito una frase del genere.
Scegliete. Fatelo, chiaramente, dopo esservi informati/e. Noi del Movimento ci stiamo incontrando presso i Meetup, i gruppi territoriali, dove arrivano persone che fanno domande, c’è una cittadinanza attiva, vogliono sapere, conoscere chi sono i candidati e le loro opinioni.
Mi auguro che molte persone, che non andavano, vadano a votare l’8 e il 9 giugno.
Com’è il suo Europarlamento ideale?
Immagino un Europarlamento fatto di individui che abbiano dei valori che li muovono in tutte le azioni e le scelte che fanno. Valori che devono tutelare l’ambiente, inteso come natura, e salvaguardare la persona nella sua interezza. Si parla tanto di intelligenza artificiale, io la vedo, senza dubbio, come una rivoluzione industriale, che però non deve far perdere di vista l’essere umano, perché se questo accadesse noi verremmo privati/e di tutte le aspirazioni che hanno contraddistinto la nascita dell’Unione Europea.
Lei ha tre figli: la prima ha vent’anni, il secondo diciotto e la terza quindici, cosa spera per loro?
Prima di tutto noi genitori dobbiamo essere capaci di dare ai/alle figli/e gli strumenti per poter camminare da soli/e nella vita. Io per loro mi auspico, grazie a tutto quello che sono stata capace di dare e alle competenze che stanno acquisendo con la preparazione professionale e scolastica, che riescano un giorno a essere indipendenti per vivere al meglio nel mondo; un mondo che sappia tuttavia rispondere alle loro esigenze e aspettative. Io ho un figlio che negli ultimi mesi sta portando avanti il discorso dell’intelligenza artificiale e mi dice: “Mamma tu lavori troppo, c’è qualcuno che può farlo per te”. Io faccio fatica, sinceramente, a entrare in quest’ottica. I giovani hanno una preparazione diversa dalla nostra e riescono ad afferrare i cambiamenti mettendoli a frutto, giacché sono nativi digitali.
Spero che i miei figli nelle loro scelte future siano ogni volta capaci di utilizzare tutta l’intelligenza artificiale e la transizione digitale, che si voglia, mantenendo saldi i valori dell’umanità. Ci riconosceremo da come ci siamo amati e da come ci ameremo. È il valore umano delle persone che fa la differenza.
Perché un elettore dovrebbe votarla?
Un elettore mi dovrebbe votare, perché sono convinta che posso essere di aiuto a questa missione di pace che il Movimento 5 stelle sta promuovendo per L’Europa.
Io sono certa di poter dare il mio contributo.
Chiedo che gli elettori mi scelgano e mi preferiscano, in quanto la mia missione è quella di riuscire a portare la pace in tutti i contesti in cui andrò a operare in futuro.
A cura di Maria Grazia Grilli