“Il nuovo Michelangelo italiano porta la scultura nel 21° secolo”, così il Guardian avrebbe definito Jago, lo scultore di origine ciociare, alla proiezione del film documentario Jago Into The White. Diretto da Luigi Pingitore e proiettato in anteprima al Tribeca Film Festival 2024, la pellicola arriverà nelle sale cinematografiche italiana il 18 e il 19 giugno 2024. Girato a Napoli nello studio di Jago, ormai diventato museo (Chiesa di Sant’Aspreno ai Crociferi), il film riprende le sessioni di lavoro dell’artista per la creazione della sua opera La Pietà (in foto), durate per ben due anni durante i quali l’artista ha lavorato h24, in totale solitudine, per creare la sua versione della Pietà di Michelangelo.
La Pietà è oggi ancora conservata nel Jago Museum, dapprima laboratorio dello scultore e poi luogo di esposizione di alcune sue opere (La Pietà, Aiace e Cassandra, Venere, Narciso ecc.), nel cuore del rione Sanità presso la Chiesa di Sant’Aspreno ai Crociferi, una chiesa barocca consacrata che ha riaperto le sue porte proprio per ospitare le opere di Jago, dopo essere stata chiusa per oltre quaranta anni con un esile catenaccio. A un anno dalla riapertura della chiesa e dall’inaugurazione dello Jago Museum (21.05.23) che contò una folla di ben 5000 visitatori, fermi in una lunga coda di attesa dalle strade del rione Sanità fino a via Foria, ancora oggi il museo conta tantissimi visitatori sia napoletani che non. Nulla da sorprendersi se si tiene conto che Jago, classe 1987, è uno degli artisti contemporanei più giovani affermati a livello internazionale che ha saputo rendere la scultura un medium contemporaneo tanto che è uno degli artisti più influenti sui social: cosa non assolutamente scontata per uno scultore al giorno d’oggi.
Jago Into The White quindi è una dimostrazione del talento di un’artista che, stando alle parole del regista Pingitore, è “consapevole che tutto, nella nostra esistenza, passa dall’energia. Che vita e arte non devono viaggiare separati. E che l’arte non è solo testimonianza di ciò che siamo, ma è soprattutto un esercizio di immaginazione su ciò che possiamo diventare”.
A cura di Diana Di Lauro