A Torricella Peligna, in Abbruzzo, dal 22 al 25 agosto si terrà la XIX edizione del festival letterario “Il dio di mio padre”, manifestazione culturale di livello internazionale dedicata allo scrittore italoamericano John Fante, ancora troppo sottovalutato. Paese di origine di suo padre Nick, muratore emigrato negli Stati Uniti, e materia letteraria di molti suoi romanzi e racconti, Torricella Peligna ha voluto dedicare allo scrittore una manifestazione a cadenza annuale. L’omaggio a Fante prende spunto anche dal grande consenso di pubblico e di critica che lo scrittore riscuote nel mondo negli ultimi anni: la fortuna di John Fante si deve anche a Charles Bukowski il quale, parlando del romanzo Ask the Dust, lo definisce come “first discovery of magic” (“la prima scoperta della magia”).
Luogo in cui riflettere sulle contaminazioni e sull’incontro tra mondi diversi, la manifestazione è contraddistinta da un’offerta programmatica e dal suo carattere interdisciplinare (incontri con autori, spettacoli teatrali, reading, presentazioni di libri, seminari…). A tutto ciò si aggiunge dal 2008 un premio letterario internazionale (il premio John Fante) e la seconda edizione, dopo il notevole successo della prima, di “Fame di polvere”, corso della scuola Holden, in collaborazione con il John Fante Festival.
Ribelle e anticonvenzionale, romanziere e sceneggiatore di successo, John Fante nasce e cresce nel Colorado da famiglia di origini italiane: dal contrasto tra l’ambiente di origine e il sogno americano, quello di diventare uno scrittore affermato, nasce la frizione tra passato (non dimenticare le proprie origini) e futuro (voglia di apparire ed essere riconosciuto come americano) che emerge in ogni suo scritto. Autore di culto per gli scrittori, attratti dalla meravigliosa semplicità dello stile di Fante, e scrittore amato dai ragazzi, attratti dalla carica giovanile, febbrile e vitalismo della saga di Arturo Bandini, alter ego dello stesso scrittore, John Fante diventa una specie di mediatore culturale il cui scopo era anche far capire agli americani che gli italiani erano lontani dallo stereotipo degli uomini associati alla criminalità organizzata e propensi alla violenza.
A cura di Diana Di Lauro