DERIVAZIONE DEL NOME CARNEVALE. USANZE E TRADIZIONI CULINARIE
Quale il significato del Carnevale?
Il termine “carnevale” deriva appunto dal latino carnem levare, letteralmente “privarsi della carne”, proprio a indicare l’ultimo banchetto che, come voleva la tradizione, si teneva il giorno prima del Mercoledì delle Ceneri; ossia il Martedì Grasso; infatti, proprio in questa giornata, si chiudono i 7 giorni “grassi” di Carnevale, durante i quali si tengono molte sfilate in maschere e vari scherzi carnevaleschi.
Ma dove proviene il nome?
Il martedì che conclude le festività legate al Carnevale si chiama martedì grasso perché era abitudine consumare in questo giorno gli ultimi cibi gustosi e succulenti rimasti in dispensa. Non solo la carne, tradizionalmente considerata un cibo ricco, ma anche i dolci tipici del periodo e che variano da regione a regione. Il loro alto contenuto di zuccheri li rende alimenti detti, appunto, “grassi”. Il martedì grasso è, quindi, il giorno in cui culminano i festeggiamenti in maschera e la preparazione dei dolci di Carnevale. A fare eccezione è Milano, città che tradizionalmente segue il calendario gregoriano e che fa scalare l’inizio della Quaresima di una settimana festeggiando quindi il Carnevale durante il sabato grasso.
Oltre al migliaccio, uno dei tanti dolci tipici napoletani a base di ricotta, semolino uova e latte aromatizzato agli agrumi, è tradizione fare anche le chiacchiere. E’ ovvio! Nun song chelle ca se fanno cu’a vocca! Troppe persone parlano a vanvera giusto per…
Le chiacchiere si fanno con un impasto dolce steso e tagliato a nastri ritorti e poi cotti fritti o al forno per essere poi cosparsi di zucchero.
I pasticcieri moderni, oggi le glassano di cioccolato, di cioccolato al pistacchio o addirittura le imbottiscono con crema al cioccolato al latte o fondente o al pistacchio.
Da nord a sud delle varie regioni italiane, il nome delle chiacchiere cambia:
Bugie – Piemonte e Liguria. …
Merveilles – Valle d’Aosta.
Maraviglias – Sardegna.
Frappe – Roma e Lazio in generale.
Sfrappe – Marche.
Sfrappole – Bologna.
Cioffe – Abruzzo.
Crostoli o Grostoli o Grostoi – Trentino, Veneto e Friuli.
Perché si chiamano chiacchiere?
Quando si diffuse la religione cattolica, le bugie erano apprezzate nel tempo di Quaresima, in cui non si poteva mangiare la carne, perciò questi dolci erano nutrienti e buonissimi da mangiare proprio in periodo di festa.
RICETTA TIPICA DI IGNINO MASSARI
Ingredienti
- 600 g di farina manitoba
- 70 g di zucchero semolato
- 80 g di burro morbido
- 3 uova
- 5 g di sale fino
- 40 g di marsala
- la buccia grattugiata di arancia
- un cucchiaino di estratto di vaniglia
Per la frittura:
- olio di arachidi
Preparazione
Formiamo il classico vulcano con la farina setacciata, inseriamo le uova e poi lo zucchero, il burro morbido, il sale, il liquore, la buccia grattugiata di arancia e poi la vaniglia. Impastate bene fino, per circa 30 minuti in maniera energica. Il risultato deve essere un impasto liscio e omogeneo. Copritelo con una pellicola e lasciatelo riposare a temperatura ambiente per un’ora.
Chiacchiere, Secondo step
Dopo un’ora trattate la pasta con un mattarello e stendetela per bene fino ad aver una velo sottile. Se avete una sfogliatrice allora lavoratela poco per volta. A questo punto ricavatene dei triangoli non troppo stretti con una rotella, come quelle delle nonne. Preparatene quanto più potete e quanto la vostra pasta ve lo permette.
La cottura
A questo punto potrete cuocerle o fritte o al forno. Nel primo caso portate l’olio di arachidi a 170° e poco alla volta friggetele: non troppe nell’olio altrimenti potrebbero attaccarsi e la temperatura dell’olio scendere troppo. Le fate asciugare e poi raffreddare su un panno carta.
Cottura al forno
Nel secondo caso, con la cottura al forno, portate il forno ventilato a 200° in modalità ventilata e fate cuocere 9 minuti da un lato e 5 da un altro. Fate raffreddare e poi spolverate con lo zucchero.
a cura di Rosa Arpaia