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Diario di avventure, finestre sulla Terra. Valle del Cocora. Oltre le nuvole e la nebbia

Ci sono parcheggiate quattro Jeep, alla fine di una salita, tra le casette colorate, ed un paio di nuvole che sfiorano Salento. Aspettiamo che si riempi una di loro, quella nella quale siamo seduti per poi partire alla volta della Valle del Cocora. Siamo in dieci, possiamo iniziare il nostro percorso. Veniamo sballottati da una parte all’altra lungo la strada che ci separa dalle famose, le più del mondo, palme della valle. La strada è parte in terra, varie buche, scavate dalla forza dell’acqua ci fanno balzare in alto, poi in basso, successivamente a destra o a sinistra. Passiamo in piccoli ruscelli, corsi d’acqua che scorrono sull’asfalto poco convito. Saliamo, già siamo in alto, Salento si trova a, più o meno, 1.800 metri di altezza ma, sulla nostra jeep saliamo ancora un pochino. Tra la vegetazione verde e rigogliosa inizio a scorge alcune palme, sono effettivamente altissime e, apparentemente sottili. Dai finestrini semiaperti entra leggero il profumo della natura, l’odore di pioggia appena caduta, di terra umida e fertile, di alberi e arbusti, di pneumatici sull’asfalto eroso dal tempo e dal passare di questi veicoli. Gira a sinistra e parcheggia in uno spiazzo di terriccio biancastro circondato da una staccionata di legno ben posto e verniciato. Sento il profumo della resina. Scendiamo e salutiamo gli altri passeggieri con un veloce cenno di mano, chiediamo conferma al conducente se, questo stesso luogo, sarebbe stato anche il punto di rientro, rispose affermativamente muovendo la testa avanti e indietro.

Al mio cospetto si apre la Valle del Cocora, uno spettacolo incredibile, sicuro di sé, nella sua unicità indiscutibile, nella sua meraviglia inspiegabile. Camminiamo per un breve sentiero fino ad entrare in una finca. Ci accoglie una casa abbastanza grande completamente in legno, ci sediamo per prenderci un caffè e provare una combinazione tipica prima di iniziare la salita verso il bosco di nebbia. Ordiamo due acque con pannella con dentro del formaggio fresco che io, mangerò separatamente, non amo mischiare il sapore del formaggio con, praticamente nulla ma, entrambi sono buonissimi, separatamente e probabilmente anche insieme per quelli che amano mischiarli! Dopo aver mangiato cominciamo ad ascendere.

È un sentiero di montagna, tra le rocce biancastre, la vegetazione in festa e, dietro ogni angolo, palme altissime che oltrepassano il cielo e le nuvole. Saliamo ed il sudore si mescola con l’umidità che si intensifica ad ogni passo che effettuiamo. Il panorama è incredibile, è qualcosa che nella mia vita non avevo mai visto, unico, incredibile, mozzafiato. Continuiamo ad ascendere ed entriamo, con il benvenuto di un cartello in legno, nel bosco di nebbia. Fu come aprire una tenda ed entrare nella nebbia, che ci accolse con tutta la sua intensità. L’aria si difficoltò a respirarla, potevo sentire il suo peso, sul mio petto e sulla testa, era magico, camminavo dentro la foschia, l’umidità del bosco. Non si vedeva granché in quel momento, era solo il presente, il futuro era a soli quattro massimo cinque centimetri dal tuo naso, era impossibile programmare i passi o progettare l’avvenire, in quel bosco di nebbia, il presente era l’unica cosa possibile, l’instante, il “qui, ed ora”, la rosa che va colta, l’attimo fuggente. Era incredibile. Pian piano, dopo circa mezz’ora o forse un’ora, non ricordo bene, il tempo di dilatò a suo piacimento, incomincia a vedere le alte cime delle palme. Sbucavano allegre oltre la nebbia, fin sopra d’essa, sbirciando il cielo, ricercando il sole.

Quando uscimmo lol spettacolo, se possibile fu ancor più impressionante. Arrivammo in uno spiazzale di terra chiara, eravamo sopra le nuvole, oltre la nebbia che ci aveva traghettato fin lì. Eravamo ad un passo dal cielo, aldilà della terra, in un altro mondo, più avanti della foschia. Ci spogliammo, non c’era nessuno, era caldo, umido, ma forse anche freddo, non saprei descrivere la sensazione termica di quel momento ma, rimanemmo in boxer ad ammirare l’altrove che si stagliava oltre i nostri mortali occhi. Oltre l’orizzonte che non esiste, oltre la terra che desidera il cielo, molto più avanti di quello che possiamo desiderare. Un panorama abbacinante. Eravamo circondati dalle alte, altissime palme che, lambendo il cielo, si ergevano fiere su quelle valli verdissime, di un verde così incredibile da sembrare appena dipinto dalle mani esperte di qualche pittore d’un tempo. eravamo circondati da esse, bellissime, incredibili, steli così sottili; eppure, così forti da resistere anni ed anni, al vento, alla nebbia, all’uomo e poi, in un angolo sbucò il sole o, meglio, alcuni raggi di sole che rischiaravano parte di loro ed un fianco della valle dove, potetti vedere alcune mucche pascolare tranquille sulle sue pendici, mangiando quell’erba verdissima ed umida, bagnata dalla rugiada. Davanti a me le valli disegnavano una “V”, illuminata dai raggi timidi del sole che penetravano il bosco di nebbia e la foschia, facendogli l’amore dolcemente, la stessa sensazione che probabilmente stavo sentendo io, un orgasmo di emozioni enarrabili. E dietro, le palme, quelle più spettacolari ed alte di tutto il mondo, che crescono solamente qui, in Salento, nel Quindio, in Colombia, dall’altra parte del mondo a me conosciuto.

Restammo lì un buon tempo, ammirando quello spettacolo stupefacente. Alcune foto per immortalare il tutto e iniziammo a discendere quella valle, attraverso il bosco di nebbia che, se possibile, si era fatto ancora più denso e scuro. Passammo per un sentiero differente, un cammino fatto di, principalmente fango e terra bagnata. Da lontano incominciammo a sentire un suono venire verso di noi e, da dietro un angolo comparvero molteplici cavalli che rientravano nel loro maneggio, poco più in alto. Erano tantissimi, ci passarono di fianco. Bianchi, marroni, grigi, neri, galoppavano con passo costante verso la loro dimora. Erano bellissimi, fieri, eleganti nei loro fasci di muscoli perfetti. Rimasi fermo ad osservarli mentre mi passano al lato. Mi guardavano con la coda dell’occhio incuriositi e, probabilmente, spaventati da questo forestiero che aveva invaso il loro spazio, la loro casa. Scendemmo fin sotto, pieni zeppi di fango fino a sopra le ginocchia. Ci sciacquammo come potemmo in un ruscello che passava di lì. La nebbia stava scendendo, già non v’era sole, cadde anche l’umidità ed un pochino di freddo così, bagnati ma felici, salimmo su una jeep che ci riportò a Salento, nella nostra casetta dove ci facemmo una bella doccia calda.

La notte fu luminosa, le stelle, da quell’altezza, splendevano senza timore ed illuminavano il paesino e le sue viuzze allegre. Dormì e non sognai, forse perché quel giorno, vissi in un sogno fatto realtà tanto da non poter sognare nulla di più grandioso delle palme del Cocora.

a cura di Michele Terralavoro

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Redazione StreetNews.it
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