Il bus inizia ad inerpicarsi tra le curve che ci dividono da El Carmen de Viboral a San Rafael. Quel fino settimana eravamo andati a letto il venerdì con un miniviaggio organizzato all’ultimo momento, durante la notte stessa. Avevamo controllato gli orari del bus, prenotato i posti e riservato un ecohostal tra le cascate del paesino di San Rafael, che si trova vicino alla famosa, ma, a mio avviso, non così emozionante Pietra di Guatapè, o El Penol. Avevamo messo la sveglia abbastanza presto, preparato al volo i due zaini con il poco occorrente necessario e ci eravamo diretti verso la stazione di bus del Carmen. Ci dividevano all’arrivo circa un paio di orette massimo così, messi seduti, avevamo iniziamo a dormicchiare e vedere il panorama fuori. Il bus iniziò a salire da un lato avevamo le pareti di roccia scura e alcune montagne mentre dall’altra enormi distese verdi e pascoli di mucche color caramello ruminando indisturbate. In alcuni punti la strada si faceva davvero davvero stretta ma non abbastanza, fortunatamente, da non poter passare l’autobus. Non avevamo fatto colazione così, una volta arrivati nella piazza di San Rafael decidemmo mangiare un “Picada”, ovvero un mix di carne cotta alla brace, come maiale, salsicce, pollo insieme con alcune patate, stile novelle, anch’esse cucinate al carbone. Era delizioso, insieme ad una Pony Malta, una bevanda tipica colombiana, anch’essa davvero molto buona e, dopo aver fatto il giro della piazzetta ci dirigemmo verso il nostro ecohostal per lasciare gli zaini e partecipare nell’attività di Tubing, ossia, discendere il fiume su di una mega ciambella di color nero.
L’ecohostal ci apre le sue porte con il suo proprietario Juanga, un ragazzo di poco più di trent’anni dagli occhi vivi e felici che ci mostra il suo regno incantato. Un’antica casa colombiana dalle pareti bianche e le porte rosse, i gerani affacciati sulle finestre, piante, platani e arbusti di caffè un po’ ovunque. Le camere sono semplici, ma non è necessario avere di più, un letto matrimoniale ed un bagno con doccia. La vera chicca però è il grande atrio, un salone gigante immerso fra la selva di San Rafael con divanetti ampli e cuscini morbidissimi, una rete dove sdraiarsi sopra e letteralmente essere tra i rami degli alberi che la circondano e, dalla quale è possibile vedere scimmie, uccelli dai nomi, i quali non ricordo ed i colori sgargianti e dal cinguettare unico e speciale. Indossiamo il costume da bagno, scarpe comode e leggere una t-shirt. Juanga ci consegna le nostre ciambelle giganti e andiamo a piedi fin sopra per raggiungere il punto di partenza per la discesa del fiume. Dopo averci spiegato alcune norme di sicurezza ci fanno sedere sulla ciambella e via che inizi l’avventura.
Cominciamo a scendere trasportati dalla corrente del fiume, sopra di noi una vegetazione abbastanza fitta che lascia filtrare timidi solamente alcuni raggi di sole, attraverso le fenditure dei rami e le foglie. Tutto intorno profuma di muschio fresco ed acqua che scorre. Quest’ultima, sotto i nostri sederi si sente abbastanza fredda ma assolutamente piacevole visto il caldo che ci abbraccia. Fluiamo tranquilli, a volte lenti ed altre volte più velocemente quando ci imbattiamo in piccole o medie cascate che, con l’aiuto delle nostre guide, riusciamo quasi sempre ad affrontare senza cadere ma, non sempre finiamo in “piedi” altre volte terminiamo in acqua ed è divertenti aiutarsi a rimontare sulla ciambella. Tra una battuta e un’altra arriviamo alla fine del nostro percorso, lì, ai piedi dell’ecohostal dove dentro ci aspetta dell’acqua pannella calda con dei “Patacones” (frittelle di platano maturo) ma, prima, ci dicono che possiamo tuffarci dal ponticello pedonale sopra di noi. Da sotto sembra non eccessivamente alto quindi decido di tuffarmi. Mi tolgo il giubbino e salgo ma, quando arriviamo sopra la prospettiva cambia drasticamente, ridiamo, ridono delle nostre facce. Saranno all’incirca sei o sette metri di altezza. Non ci penso troppo e salto.
L’ebrezza della vertigine, l’illusione del volo, le altezze che si rompono man mano che si raggiunge lo specchio di acqua sotto di noi, ogni minuto è mutazione pura, una sensazione primordiale di sopravvivenza, una mescolanza di vita al margine della morte e dell’ignoto. L’acqua ti riporta improvvisamente al mondo, l’acqua è mutazione e vita.
Ci rifocilliamo e raggiungiamo la nostra stanza per una bella doccia calda. Ci mettiamo qualcosa di comodo ma carino e, a piedi raggiungiamo il paesino lungo il tramonto che si sta sviluppando oltre il cielo. Mano nella mano e con l’invito della notte arriviamo in piazzetta. San Rafael è vivace ed i suoi circa dieci mila abitanti ti fanno sentire in un ambiente di festa e serenità. È già passata l’ora di cena così ci avviciniamo nell’angolo dove sono posizionati vari stand di cibo da strada. Patatine fritte con salsiccia, panini con carne, Butifarra, arepas ed altre pietanze tipiche. Spizzichiamo qua e là e la notte ci trascina rapidamente in un locale con musica, l’Aguardiente aiuta e la festa esplode in sudore. Saltiamo a tempo di note musicali, balliamo con gli altri, ci sono risate e spensieratezza e, circola abbastanza alcol. Passa l’una, le due e le tre e lì pian piano ritorniamo al nostro alloggio. Nel percorso ci fermiamo per un impellente bisogno della vescica e, nell’oscurità più completa miriadi di lucciole si muovono sotto i nostri piedi. È uno spettacolo incredibile, è la prima volta che mi imbatto in questi meravigliosi esseri viventi. Un tappeto di minuscole luci illumina il manto buio del campo e sopra, le stelle sembrano essere lo specchio di questo spettacolo abbagliante.
Sopra di noi solamente il firmamento e le costellazioni, forti e luminose, non oscurate dalle luci tristi delle città e sotto, un tappeto volante di lucciole. La notte è d’oro qui a San Rafael e la mattina ci aspetta silente per altre nuove avventure, fra le cascate e le montagne.
a cura di Michele Terralavoro