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Diario di avventure, finestre sulla Terra. Tulum, Messico, oltre il tempo. Capodanno

“Il tempo di un attimo, in un attimo tutto il tempo dell’universo. Nell’universo il tempo infinito dell’infinito, lontano anni luce da qui, da tutto questo. Nel tempo di uno sguardo, di una parola. Nell’istante di un risveglio o di un parto, o della morte. Passaggi di vita, paesaggi di noi che vaghiamo su questa scialuppa chiamata vita, dentro lo sgabuzzino di questo corpo che, a volte si ama ed altre si odia, altre invece si gode ed alcune si soffre. La fame, la voglia di pisciare, un desiderio impellente, un bisogno incontrollabile di vivere o di morire. Facce diverse della stessa medaglia ed in mezzo, l’ignoto che c’è che si espande oltre queste inutili parole, note musicali e note vocali, foto sbiadite di un tempo, orologi appesi in terra sdraiati lungo il cammino dell’esistenza che si espande oltre Alice, e questo paese dei balocchi. Il moto asincronico di questa vita, del sesso e delle risa. Del bollore della pasta che scuoce dimenticata, nel frattempo, di questo momento che dedico a scrivere ciò che mi passa per la testa, ricordi, bugie, pensieri innocenti e sconci, delicati e rozzi. Apro gli occhi lungo il tepore di questo mare caribeno, stiracchio l’ultimo muscolo e nudo apro le tende bianche che danno spazio al sole che entra finalmente in questo ripostiglio. Sono io d’altronde vivo, noi, tu che dormi a pancia in giù, i raggi che illuminano la tua pelle liscia e con pochi peli. Il tuo volto disteso dall’amore ed ancora dal sesso, l’odore di noi. Apro la finestra, mi invade il profumo di pino. Una pineta che svetta fino al mare dei Caraibi e poi le piccole onde, la spuma tutto ciò che c’è sotto il manto di Nettuno, lo possiedo con lo sguardo che si staglia oltre, altrove da tutto il conosciuto che me ne sbatto e vivo. Oltre questo orizzonte che non esiste. Oltre il tintinnare incerto delle lancette che, fortunatamente ho rotto da tempo e non indosso più.”

Buongiorno Tulum, osservo il tetto alto della nostra stanza, bianco spatolato, l’arietta mattutina che muove delicatamente le tende color panna. Sono appena le sette e trentacinque ma noi, siamo già svegli e pronti a cercare la colazione e, con le biciclette il mare. Una doccia rapida ci desta del tutto e dopo aver svolto le pratiche necessarie per prendere in prestito le bici ci dirigiamo verso spiagge più isolate verso la destra. Passiamo per un 7Eleven e compriamo acqua e qualche spuntino da sgranocchiare durante le ore di mare. Pedaliamo mentre parliamo, chiacchieriamo mentre pedaliamo. Il luogo è tranquillo, alti pini ed alte palme da entrambi i lati della stretta strada, passiamo alcuni stabilimenti dall’atmosfera costruita ed ipocrita, non fanno per noi, noi cerchiamo il mare e la sabbia vera, l’ombra di alcuni alberi se possibile ed il mare con le sue imperfezioni. Continuiamo per un’oretta buona, ma non ci importa. Alla fine, raggiungiamo un posto dove decidiamo di lasciare le biciclette legate tra loro e ad un albero che sembra saldo e ci inoltriamo nella fitta pineta. Dopo solo dieci minuti di cammino ecco qui il mare davanti a noi.  Lo vediamo, è calmo e azzurro. C’è una amaca legata tra due alberi, lasciamo lì sopra le cose, se dovesse arrivate il proprietario toglieremmo tutto con delle scuse e le metteremmo altrove. Corriamo verso l’acqua nella quale ci lanciamo con voglia, siamo sudati e nudi ed ora bagnati e nudi. Il cielo terso sopra di noi e sotto il Messico, con i suoi contrasti. Non siamo mai una sola versione, figuriamoci una nazione. Ci prendiamo cura del momento senza pregiudizi o etichette da togliere. Il sole cuoce la nostra pelle, ci spalmiamo un po’ di crema solare, protezione 100+. Camminiamo lungo la riva, ad ogni passo la sabbia umida si abbassa di qualche centimetro ed il mare cancella dietro di noi il nostro andare ed il nostro passaggio. Esploriamo i dintorni ed il giorno passa così, senza necessità di fuochi artificiali, dentro la vita.

È l’ultimo giorno dell’anno, compriamo un barattolo di lenticchie, dell’uva ed un’altra bottiglia di spumante italiano. Mettiamo tutto nel minifrigo presente nella nostra camera. Ci iniziamo a preparare, sono già le dieci e fra due ora le lancette sanciranno l’inizio di un anno nuovo e la mutazione del precedente in storia. Una camicia leggera, un pantalone corto. Mangiamo le lenticchie calde, meno un’ora. Montiamo sulle nostre bici direzione mare con la bottiglia di spumante in mano. Ci sono altre persone, alcune cercando disperatamente parcheggio, non oso immaginare un Capodanno nel traffico stupido, dentro una latta per raggiungere una festa pettinata e, a mio avviso, stupida. Noi sfrecciamo con il vento che apre le nostre camicie estive, sulla nostra bicicletta, come ET verso casa, una spiaggia dove stappare la bottiglia e celebrare i primi minuti dell’anno nuovo bevendo dalle nostre bocce, un bacio passionale ed ebri. Tre, due, uno… il tempo continua, noi anche, in un rallenty di gioia, stappa la bottiglia e vola il tappo di sughero, lo afferro nella mano sinistra, ci avviciniamo per baciarci e abbracciarci. Sopra di noi solo un firmamento immenso di stelle, e la Luna. Dove finiranno tutti i propositi, i sogni, i desideri che ci auguriamo ogni anno nuovo? Forse lì, fra le costellazioni luminose di una vita vera. Fra i passi incerti della paura e dei timori, degli istanti di frenesia ed entusiasmo, nei pensieri di un genitore durante le notti cupe, il sudore di una madre partorendo, dando alla vita un nuovo essere indipendente. Grazie Tulum, benvenuto anno nuovo. Domani, forse, una nuova alba mi sveglierà con nuovi pensieri frullati in questa testa. Una musica inizia a battere forte sulle casse, ridiamo insieme a Sandro e Lucy, balliamo, traduciamo, un po’ di italiano poi un po’ di spagnolo, qualche chupito, un paio di birre e le prime luci del giorno ci accompagnato verso il letto, ci addormentiamo mezzi vestiti al contrario, con i piedi alla testata del letto e la testa ai piedi a volte è importante ed interessante cambiare prospettiva, visione. Viva i Maya e la loro incredibile magia. Messico Baila duro!

a cura di Michele Terralavoro

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Redazione StreetNews.it
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