Diario di avventure, finestre sulla Terra…Roma!
Roma brulica. Si stiracchia, si espande, scivola verso fuori. È mattina, oggi è vacanza per me, non ho impegni lavorativi, perciò, decido di andare a passeggiare per le vie del centro. Mi preparo ed esco. Fa abbastanza caldo è umido e c’è il sole ben alto. Esco senza nulla, solamente il cellulare e degli occhiali da sole che sicuramente non indosserò e che lascerò appesi al collo della mia maglietta durante tutto il tempo. Apro la app di Enjoy, prenota la macchina e mi avvio nella sua direzione che dista all’incirca quindici minuti. Raggiungo il centro tramite la tangenziale, parcheggio, con molta molta fortuna, davanti alla corte di Cassazione di fianco a Castel Sant’Angelo. La chiudo, controllo che sia chiusa e inizio a passeggiare.
Da lì arrivo a piazza Navona, bagnata zeppa di sole e gente facendosi qualche foto. Le fontane rumoreggiano un po’ di acqua, il vociare dei venditori che vogliono vendere appunto i loro prodotti. Le facciate delle case tutt’intorno sono illuminate. In qualche balconcino, turisti facendo colazione. La percorro, la ricordo durante la festa della Befana, il 6 di gennaio, gremita di gente, zucchero filato, l’odore delle mele caramellate, le crepes, i goffrè, il vociare allegro di qualche bambino e delle famiglie condividendo quel momento, come noi quando ero più piccolino, con la mia famiglia. Compro una bottiglietta di acqua naturale e continuo in direzione Pantheon. La piazza è stracolma, una fila molto larga si dirama dalla fontanella verso dietro così come dall’ingresso del monumento verso sinistra, chi non ha prenotato non potrà entrare, in non molti lo sanno! Rimango poco ad osservare il grande buco da dove la luce entra prepotente, faccio il giro rapido della chiesa e esco. Ho già fame così mi dirigo verso Campo dei Fiori, lì c’è un antico forno che prepara delle pietanze celestiali, uniche, immense, tra prodotti da panificio, salati e dolci, fino alla pasta alla carbonara, pizza bianca con la porchetta, ecc.… Non c’è molta gente, probabilmente perché è ancora presto, c’è posto in piedi fuori, compro un po’ di tutto. Un piatto di pasta alla carbonara, una rossetta ben cotta, un Estathè al limone e in vetro ben freddo e, per dolce, un tortino di ricotta con gocce di cioccolato fondente. Appoggio tutto sulla barra di legno attaccata alla parete, fuori dal locale, ed inizio a mangiare, che straordinario piacere! Tutto è delizioso! Mentre mangio mi guardo intorno, osservo la vita, in alto a destra sento aprire una persiana dalle toghe in legno e successivamente una finestra scricchiolante, alzo istintivamente lo sguardo.
Un ragazzo, un giovane si accende una sigaretta. Prende l’accendino, compre con una mano la sigaretta già posizionata in bocca e con l’altra da un paio di colpi all’accendino per dargli fuoco, dopo un paio di aspirate riesce. Poggia l’accendino ed inizia a guardare fuori, guardarsi intorno. Squilla il cellulare. Dallo sguardo del ragazzo l’idea di rispondere non lo alletta più di tanto. Continua a squillare, quando, quasi all’ultimo risponde. Dalla voce intuisco che non è particolarmente contento. Sua nonna è deceduta, dal suo accento noto che non è di qui, di Roma, probabilmente è qui per studio o lavoro, sembra di un posto lontano. Sul suo viso si disegna un’espressione di tristezza, gli occhi si incupiscono, così come i bordi delle sue labbra, la pelle sembra cedere ed un paio di lacrime si materializzano dentro i suoi occhi che si gonfiano e diventano rossi. Con la mano tira via, op cerca di tirare via la tristezza, asciugandosi le lacrime. La voce è rotta, la schiarisce come può, credo che non voglia far notare la commozione alla persona aldilà della cornetta telefonica. Bevo un sorso di Estathè, finendo la pasta. Scoppia in lacrime ma dentro, inghiottisce le frustrazioni e la tristezza, dice che non potrà andare al funerale, il lavoro, gli obblighi che ha qui e l’alto costo dei biglietti gli impediscono viaggiare, forse, chissà accenna anche ad un problema con i documenti che ancora, dopo 9 mesi di attesa non sono ancora stati spediti e perciò non può uscire dal paese. È prigioniero, sequestrato da uno stato orribile che gioca sadico e indecente con le necessità esistenziali e vitale di chi è costretto ad emigrare. Il problema non sono gli immigranti, il problema sono e saranno sempre gli immigranti poveri, sono quelli che lo stato insulso rigetta o blocca in un limbo di schiavitù burocratica.
Una goccia, una lacrima precipita lungo i due piani che mi separano da lui. Vorrei tanto abbracciarlo ma non lo conosco, non so la sua situazione ed è tanto lontano, così affogo la desolazione dentro il tortino di ricotta. Com’è ingiusta questa vita, oppure fa parte di uno strano e straziante equilibro che ci mantiene tutti in piedi, sul filo sottile di questa vita così fragile e apparentemente senza senso. Immersi, sommersi in un universo infinito, di galassie, cellule, macerie, stelle, costellazioni, pianeti, oltre ed altrove. Ed inoltre sommersi da scartoffie di pochi che scommettono sulla vita di altre persone. Sono sicuro che il tempo è l’ordine. Il tempo è la ragione di tutto, insieme all’amore. Il tempo darà ragione e torto a chi si è permesso di uccidere, con le armi o con le leggi, con la sete di potere, altre vite innocenti, altre esistenze spettacolari. Come nel Colosseo, con il pollice in su o all’ingiù! In quei singhiozzi trattenuti, in quelle lacrime non concesse, vedo il dramma moderno, le nuove schiavitù con l’illusione della libertà.
Ripulisco il tavolo, getto l’innecessario involucro di carta e plastica e purtroppo anche di vetro. Mi avvio nei vicoli di Roma, con le edere che si arrampicano sulla storia di questi mattoni, le case, i sanpietrini, le fontanelle chiamate nasoni, cammino tra i racconti dei nonni, dei bisnonni, dei libri di storia. Roma sei eterna, sei stata eterna. Una bambina coccolata dalla storia e dalla geografia che tutto conquistò e tutto può, tutt’ora. Ti amo ma, non siamo fatti per stare insieme, mi sfinisci, mi stanchi, mi togli l’energia.
Impariamo ad amare i vivi, apprendiamo a condividere con le persone quando ci sono, sembra banale ma è così raro oggigiorno. Impariamo ad apprezzare chi abbiamo intorno, che a portare un paio di fiori morti, ai morti ci sarà tempo. apprendiamo a vivere la vita ed i vivi!
Un bacio sulla fronte e sono pronto ad una nuova partenza.
Ritorno a casa, gelato, preparo lo zaino.
a cura di Michele Terralavoro