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Diario di avventure, finestre sulla Terra. Playa del Carmen, sigue ballando

Un piccolo bus urbano ci sta portando nella vicina Playa del Carmen, cittadina costiera della Riviera Maya, nel centro tra Tulum e Cancun. Il viaggio, pur essendo mattina, è appiccicoso ed afoso ma, decisamente breve. C’eravamo svegliati con calma, senza sveglia, verso le nove del mattino, in questo primo giorno dell’anno, ridendo ancora della notte precedente e ricordando le risate in riva al mare fino all’alba. L’eccitazione e l’adrenalina ci avevano sbalzati fuori dal letto solamente dopo poche ore di sonno. Volevamo goderci il primo sole dell’anno, il primo bagno, il primo tutto, così, dopo un tuffo rapido nella piscina sul tetto dell’hotel ed aver raccolto le nostre cose sparse ordinatamente nella stanza di hotel, fatto il check-out, c’eravamo incamminati verso la fermata del bus che ci avrebbe portato in un’oretta circa a Playa del Carme. Anche lì avevamo prenotato un hotel direttamente sulla spiaggia con il suo accesso riservato e tranquillo. Dopo una pausa obbligatoria al 7Eleven per fare colazione seduti sugli sgabelli dello stesso, eravamo lì dentro, dentro quel bus pieno di persone con il vento salino che entrava dai finestrini aperti di quel veicolo, scompigliando le parole e muovendo capelli e pensieri.

L’autobus ci avrebbe lasciati sulla strada principale che collega tutte le differenti località balneari qui, nella costa dei Maya. Da lì, ci incamminammo verso la strada pedonale che costeggia la spiaggia bianca ed il mare limpido del Caribe messicano. Dopo una mezz’ora di passeggiata costiera, passando anche stradine limitrofi al centro, raggiungemmo il nostro hotel. Vi si entrava passando per un lungo corridoio bianco, con le pareti spatolate fino ad arrivare alla reception. Salimmo nella nostra stanza, era spaziosa, v’erano due letti matrimoniali king size e, dalla terrazza vi si poteva vedere il mare che si scagliava giusto davanti a noi, fra alcuni alberi verdi. Ci accomodammo, ci mettemmo il costume da bagno ed una t-shirt e scendemmo in spiaggia. Il mare era calmo. Turchese e cristallino. Un paio di piccole onde si infrangevano sulla riva ogni tanto, con molta calma e senza affanno. La vita e le sue prospettive. Per pranzo mangiammo una tipica lasagna messicana (si scherza). La vita ed i suoi punti di vista, era buona, non secca, con una buonissima mozzarella e carne, assolutamente approvata! Passeggiamo lungo la Promenade e scoprimmo altre spiagge di sabbia finissima e mare d’un azzurro piscina. Ci tuffammo senza remore e restammo, morto a galla, per quasi tutto il pomeriggio. Messico come maestro di vita. La sera arrivò con il sole affogando chissà in quale continente e svegliando altre parti di mondo. La notte fu stellata e noi, mano nella mano, ci perdemmo nella musica e nel sudore di quel tempo caldo dove, tutto ci incitava a ballare e saltando si fece quasi l’alba.

I giorni passano ma il tempo è nostro e lo costudiamo nelle scelte che facciamo.

Raggiungemmo Cancun, la nostra ultima meta messicana di questo viaggio. Turisti ammassati in viuzze come magliette pacchiane di qualsiasi megastore privo di identità o ricerca stilistica si districavano come formiche alterate dall’alcol e dal consumismo per il centro. Da esso ci allontanammo rapidamente, iniziammo a camminare per raggiungere qualche quartiere reale, vivo e vero di questa grande città turistica. Proprio, in qualche angolo di periferia urbana incontrammo la, a mio avviso, vera essenza. Chioschetti dove alcuni locali mangiavano un tacos o bevevano qualche tipo di bevanda rinfrescante, piccoli negozietti di alimentari o vestiti dove alcune donne, e uomini, sbirciavano al loro interno passando a rassegna differenti tipi di capi. Era decisamente caldo. Trovammo un posticino dove sederci ed approfittare di un pochino di ombra e, soprattutto mangiare qualche tacos. Ad uno ci aggiunsi del piccante. Quasi non riuscivo a smettere di lacrimare e ridere allo stesso tempo. Lacrimare perché era decisamente decisamente troppo forte per le mie papille gustative e ridere per le battute con Sebas. Ci perdemmo, spingendoci fin oltre la periferia urbana e, grazie all’aiuto di alcune signore riuscimmo a salire sul bus in direzione appartamento che avevamo affittato. Era notte. Furono due. Passammo quei giorni a Cancun perdendoci per le periferie urbane dove le persone si identificano con la vita del luogo. Lontani dalla città, dai grandi magazzini, dalle luci scintillanti ed inutili dei casinò o di qualche stupida discoteca. Ci identificammo con la vita che ci circondava prima di ritornare in Colombia, addormentati sul volo di rientro.

a cura di Michele Terralavoro

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Redazione StreetNews.it
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