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Diario di avventure, finestre sulla Terra. Cuba senza (sin) salsa. Guanabo hasta la proxima!

La mattina si desta con l’aroma di caffè invadendo la nostra terrazzina. Lo sorseggiamo seduti sulle sedie di plastica bianche che fronteggiano il mare calmo di Guanabo, le sue piccole onde, la sabbia bianca, le “Caravelas Portuguesa” galleggiando, mosse dal movimento quieto del vento. Sono passati i giorni, sempre passa il tempo e si porta via i granelli della vita, lasciando però, in cambio, emozioni, sensazioni, ricordi indissolubili che costruiscono la piramide della nostra esistenza. Tutto muta, il cambiamento è l’umanità, che peccato quando alcuni, pochi, decidono di distruggere, uccidere, bombardare, avvelenare la perfezione di quello che ci circonda. Continuo a ripete, qui ed ora, io, noi, in una danza abbacinate. Ci vestiamo, il nostro volo è nella tarda serata; perciò, abbiamo ancora il tempo di un bagno ed una passeggiata per questo appezzamento di terra, qui a Guanabo, Cuba.

Lasciamo già tutto preparato per poi raccogliere le nostre cose ed andare in aeroporto per ritornare in Colombia, a Rionegro, Medellin. Ritorniamo alla “nostra” spiaggia, fra le dune, le due palme, ci spogliamo e ci dirigiamo verso l’acqua tiepida del mare dei Caraibi. Chissà qual è la sensazione che invadeva le mente degli esploratori e pirati nell’arrivare in terre ignote, su spiagge o scogliere mai viste prima. Chissà cosa si provava nello scoprire davvero qualcosa di nuovo. Facendo il morto a galla rifletto sulle cose che ho scoperto io nella vita. Il primo bacio. Il primo abbraccio ed il primo amore. La prima volta assaggiando un cibo, una bevanda un frutto. Le farfalle nello stomaco, i crampi di un dolore forte. L’addio, la delusione, la tristezza, la pienezza nel raggiungere uno scopo. Siamo esploratori e pirati in questa vita, anche noi, nel nostro piccolo sento che, scopriamo nuove cose e ci sorprendiamo costantemente. Non voglio mai perdere la spensieratezza dei miei occhi svestendo una nuova incredibile spiaggia o piazza. Nella conversazione con una persona che non conoscevo prima, il filo rosse delle connessioni che tessiamo, come penelope, lungo la nostra vita che, a differenza di quest’ultima non è un’attesa ma vivenza reale e densa che dovremmo vivere. Ogni giorno voglio sentirmi esploratore e un po’ pirata, è il mio nuovo proposito.

Mangiamo del cocco ed un po’ di riso, ci asciughiamo al sole e ritorniamo all’appartamento dove ci aspetta la signora con sua mamma e suo figlio per salutarci, è un arrivederci o, chi lo può dire, almeno questo è il mio desiderio, ci abbracciamo come vecchi amici, ci stringiamo e saliamo sul taxi che ci ha procurato per arrivare in aeroporto. Impiegheremo all’incirca, quaranta o cinquanta minuti.

Il signore è gentile, confermiamo la direzione e innescato il motore partiamo verso la Terminal. È cubano, avrà più o meno quarantacinque anni. È sposato con due figli. All’inizio è restio alla conversazione, si guarda intorno come se lo preoccupasse qualcosa. Percepiamo però che in realtà vuole raccontarsi e raccontare qualcosa. Così è. Ci dice che qui a Cuba non esistono delle elezioni convenzionali da almeno settanta anni. O meglio, si vota ma esiste solamente un unico partito politico, quello del regime dittatoriale. È una presa in giro ci racconta, uno schifo. Ci narra della difficoltà nel reperire cibo o acqua potabile. Lui stesso, con un lavoro non è in grado di mettere in tavola, ogni giorno tre pasti, il regime controlla ogni cosa. Sogna di andare via, sognava rettifica. Ora spera che i suoi figli possano fuggire, andare via dalla morsa cubana e trovare, cercare una nuova vita negli Stati Uniti, che sono prossimi da raggiungere, su di una barca, o gommone o, con una visa ma quella è complicata da avere. E poi forse in Spagna, sarebbe un sogno per lui. Ci racconta che Cuba sta morendo lentamente, agonizzando ogni giorno. I giovani scappano via altro ve e qui, rimangono solamente i vecchi che ormai non hanno più forza e volontà di cambiare le cose, si augura ancora che arrivi il vento della rivoluzione che liberi finalmente Cuba. Le sue parole mi stringono il cuore e la gola si chiede trattenendo le lacrime. È malinconico, triste nel vedere la sua Cuba, una volta grandiosa e meravigliosa morire lentamente. A volte le cose non sono come speriamo, e non vanno come vogliamo, anche questo ci rende pirati ed esploratori in questa vita. alla fine, lui, il signore del taxi ci sorride, paghiamo la sua corsa, ci stringe forte la mano e noi ricambiamo con energia. Il cielo è terso, il sole è caldo, tutto sembra uguale eppure, tutto cambia costantemente, dentro e fuori.

Facciamo il check-in, passiamo migrazione e si riprendono la loro visa, quella comprata prima di entrare. Non vogliono nessuno dentro che non possano controllare, il fascismo ed il comunismo due fratelli despoti figli della stessa madre e dello stesso padre. Lì dentro si che troviamo un supermercato, ed addirittura un emporio. Delle bottiglie di coca-cola, dei panini, dei piatti di pasta e carne, del caffè caldo, del cappuccino. Profumi, lozioni, per i turisti questo ed altro, sono dei privilegiati che possono andare via. Cuba è nel mio cuore, la finestra che dava sul mare, il suono delle onde di notte, la luce del crepuscolo accarezzando i nostri volti, le stelle che splendono con più intensità, la possibilità di vedere le costellazioni, la spiaggia bianca, i cocchi, i nostri corpi nudi nel mare dei Caraibi. La fortuna di poter scegliere, di movimento. Volando vado, verso la grande Colombia che, è casa in questo tratto di vita.

a cura di Michele Terralavoro

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Redazione StreetNews.it
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