Il bus ci lascia in una grande rotonda, alle porte di Guanabo, un piccolo paesino vicino a La Habana. Il sole è alto, un cielo terso sopra di noi, al centro una piccola aiuola con un minuscolo alberello e, tutt’intorno una tranquillità indescrivibile. Un paio di macchine sono appoggiate ai bordi dei marciapiedi, non sono le macchine fake che avevamo visto nella capitale ma, bensì, veicoli venuti dagli anni Cinquanta, in buone condizioni, ma antichi. Tutto realmente sembra essersi fermato a quegli anni e, inoltrandoci per la via principale che separa le case sulla spiaggia da quelle dentro la campagna, ne abbiamo la assoluta conferma. Il tempo sembra essersi fermato, bloccato all’improvviso come in quei film catastrofisti, dove una epidemia, o una bomba, o un gas sottile stermina di colpo la popolazione e congela il tempo per poi ritornare dopo anni beh, così è qui a Guanabo. Sono affascinato, sento una calma strana, bellissima, interessante, affascinante mescolata ad un senso incredibile di impotenza rispetto al fuori. La strada è spaziosa, piena di buche, fosse scavate dal tempo, appunto, e dalle macchine che vi passano sopra con pesantezza. Le case, alcune abbandonate, altre sventrate, altre ancora con fiori sui balconi, tende bianche a coprire il dentro, porte aperte, signora affacciate, magre, sottili, un paio di piccoli negozietti, un forno dove compriamo quattro panini per otto dollari, calcolando che qui lo stipendio di un medico è di trentacinque dollari, risulta essere decisamente caro ma, reduci dall’esperienza della mattina, meglio essere responsabili. Da turista quello che vedo mi piace molto, è come un tuffo nel passato, un passato lucente, brillante, fatto di ricchezza e divertimento, un passato però, morto e sepolto sotto le macerie di una malinconia cronica, costruita abilmente e sapientemente da dispensatori di fame e povertà, il regime che attanaglia Cuba in una morsa difficile da curare, purtroppo. Ci sono molti alberi, palme, giriamo a sinistra in un “Callejon” di fronte al mare, stiamo camminando sulla sabbia e raggiungiamo la porta dell’appartamento che abbiamo prenotato.
Il grande sorriso della proprietaria ci accoglie con calore ed entusiasmo, concordiamo il pagamento in contanti, sono felice di poterle dare in mano, direttamente a lei i soldi altrimenti il governo le tratterebbe quasi la totalità del guadagno e siamo quasi a Natale. È una piccola palazzina di tre piani, bianca, leggermente usurata dalla salsedine, il mare è letteralmente a dieci o quindici metri da noi, al piano terra c’è una famiglia, al primo piano, salendo una rampa di scale vive lei con il figlio che vediamo uscire e la mamma di lei, della proprietaria, la nonna ed infine, all’ultimo piano c’è la nostra casetta per questi giorni di vacanze. Il figlio è altissimo, ha vent’anni e sta studiando “sport” all’università, spera di poter lavorare fuori da Cuba, e riuscire a portarsi anche la mamma e la nonna via da quel posto incantevolmente mortale, per chi ci vive. La nonna è dolcissima nella sua manta fatta di merletti bianca, ci saluta con la mano ed un sorriso grande. Saliamo alla nostra dimora attraverso una scala a chiocciola. Una terrazza fronte al mare con due sedie ed un tavolino bianco di ferro battuto, mi ricorda quello che avevano i miei nonni a Prepezzano, il paesino della mia infanzia. Entriamo, un profumo gradevole ci riceve. C’è un letto matrimoniale sotto una grande finestra dalla quale si vede il mare immerso cristallino e l’orizzonte che si sta tingendo di arancione, traghettandoci verso la notte. Un corridoio collega prima il bagno con doccia, dentro la quale un’altra finestra ci fa sbirciare Nettuno ed infine la cucina con un frigorifero, un lavello e dei fornelli per cucinare. Non c’è internet o, meglio, la signora ci cede una tessera con delle ore, precisamente sei, c’è un codice per collegarci, lì, a Cuba, Guanabo, non esite la fibra o il 4/5G. Meglio così, disconnetteremo totalmente dalla società, il mondo esterno. La signora ci offre un caffè buonissimo, in una tazzina nera, stupenda, un espresso fatto alla perfezione. Prima di andare via, di scendere le scale che la porteranno a casa sua, ci raccomanda di non dare confidenza troppo alle persone, soprattutto giovani, uomini e donne, che, sfortunatamente, vendono il loro corpo per necessità. La rassicuriamo e la ringraziamo, salutandoci con un abbraccio.
Il sole già affondò nella notte, ancora, un po’ di luce resiste all’oscurità. La luna è alta, quasi piena, in due giorni ci toccherà la sua versione completa. È lì alta, illumina la sua parte di cielo illuminando forte il firmamento accompagnata dalle stelle che brillano forti. Passeggiamo un pochino, cerchiamo qualcosa da mangiare e compriamo un sacchetto di popcorn che un giovane adolescente prepara sulla porta di casa sua, cinquanta grammi per quasi tre dollari, li paghiamo volentieri. Accanto una piccola tavola calda, compriamo due box con del riso, un pomodoro tagliato, ed un cosciotto di pollo per cinque dollari, è buonissimo, un signore ci chiede le ossa, ci si stringe il cuore, è decisamente un luogo di forti contrasti emozionali, alla radio suona un av3ecchia e bellissima canzone di Melendi “Destino o Casualidad”, l’emozione è a fior di pelle, come può un luogo così stupendo, con un passato lucente, ospitare, oggi, tanta tristezza e dolore? Come permettiamo tutto ciò? Compriamo una box anche per il signore che, non la vuole accettare ma insistiamo. Mano nella mano torniamo verso il nostro alloggio, l’indomani passeremo tutto il giorno in spiaggia, abbiamo cercato dei posti, il mare da qui su, attraverso la finestra sembra meraviglioso.
Ci facciamo una doccia calda, l’acqua è salata, è acqua del mare, ci potremmo cucinare la pasta, ridiamo, è divertente, per noi, turisti viaggiatori. Ci prepariamo una camomilla che la signora ci aveva lasciato nella cucina, utilizzando una tanica di acqua che, sempre la proprietaria ci ha regalato, l’acqua non è potabile quindi, meglio fare attenzione. Ci sdraiamo sul letto ed apriamo le tende. Entra una brezza salata, il suono del mare e delle leggere onde che si infrangono sulla sabbia è una melodia struggente ed emozionante. Noi, nudi dinanzi all’oceano, questo misterioso blu che tanti esploratori, naviganti, pirati, conquistatori, hanno solcato e solcano con destrezza e coraggio, quanti morti, quanto oro, quanti segreti nasconde sotto il suo manto, Nettuno. Ci addormentiamo così, cullati dall’orchestra naturale della natura. Il suono delle onde, la sabbia che leggera si sposta sulla battigia, i sassolini e le conchiglie che fanno avanti ed indietro sul bagnasciuga e lei, la luna, alta, che illumina la nostra finestra dinanzi al mare.
a cura di Michele Terralavoro