“Di un’altra voce sarà la paura”: il nuovo libro di Yuleisy Cruz Lezcano

Una poetessa di origine cubana, italiana di adozione, con numerosi libri all’attivo, molteplici riconoscimenti, un grande amore per la lettura e la poesia nell’anima. E proprio attraverso la poesia affronta stavolta nel suo ultimo libro, uscito quest’anno, un tema purtroppo sempre più attuale: la violenza. Lei è Yuleisy Cruz Lezcano e il suo libro “Di un’altra voce sarà la paura”, sta riscuotendo molto successo. Ho il piacere di intervistarla e di farmi condurre in un viaggio fatto di cultura e di poesia.

Come nasce innanzitutto l’amore per la scrittura, in particolare per la poesia?

Non saprei quando nasce esattamente perché credo di averlo dentro da sempre. Fin da quando ero bambina amavo giocare con i canti in rima, mio padre mi leggeva tantissime poesie, guardavo e ascoltavo molto volentieri programmi di poesia cubana, amavo la poesia tradizionale cubana, la “Décima”. Sono cresciuta leggendo e studiando tanta poesia ma anche tanto altro. A un certo punto sono arrivata qui in Italia e ho lasciato stare la poesia, ho iniziato l’università e mi sono concentrata su testi universitari. A quarant’anni poi mi è accaduto un episodio… a volte la vita ci riporta sempre alle nostre radici.  Stavo per affogare nel fiume Reno: una coppia che abitava lì, vicino al fiume, mi ha salvata. Sono rimasta imprigionata nelle acque per 40 minuti e in quei momenti angoscianti pensavo: “Ho tanto ancora da dire!”. All’epoca già scrivevo racconti, poi la signora che mi salvò insieme al marito che dipingeva e scriveva poesie, mi regalò un suo libro di poesie. Leggendo quel libro pensai: “Perché no? Perché non farlo anch’io?”. Così dal 2012 ho iniziato a scrivere poesie e a pubblicarle nel web. Le persone apprezzavano e mi consigliavano di partecipare a premi letterari e così feci. Iniziarono ad arrivare i primi posti, cosa che ha rafforzato la mia voglia di continuare questo cammino. Ho iniziato a studiare sempre più la poesia. Ho continuato leggendo tante poesie, ho studiato da autodidatta. Amo leggere qualsiasi libro ma ho iniziato a indirizzare le mie risorse verso la poesia, verso vari poeti.

Numerosi libri all’attivo, l’ultimo uscito quest’anno dal titolo “Di un’altra voce sarà la paura”. Un libro che sta riscuotendo molto successo. Raccoglie 44 poesie che trattano un tema purtroppo sempre più attuale: la violenza. Me ne può parlare?

Sì, come detto, è un libro che tratta il tema della violenza. Raccoglie 44 poesie divise in 7 sezioni. Ogni sezione è introdotta da un mio aforisma e da una fotografia dell’artista Adele Quaranta che fanno da filo conduttore per ogni sezione e, ogni sezione, tratta la violenza da un punto di vista diverso, contenendo in sé un messaggio importante. La violenza è vista in modo trasversale, a 360°, perché può essere presente in qualsiasi momento, in ogni luogo, in qualsiasi ceto sociale.

La violenza non ha età come quando parlo di una donna di 89 anni con delle fragilità che è stata violentata e derubata nella periferia di Milano.

Parlo dell’alcool, di droga, che possono essere un motore che può fungere da impulso per la violenza e aumentano le fragilità in chi ne fa uso. Parlo della violenza domestica, della violenza durante l’emigrazione, della violenza nelle guerre, delle bambine spose, parlo di un insieme di casi di violenza.

Logicamente non è un libro esaustivo nonostante ci siano tante storie vere, tratte dalla cronaca, dalla realtà, raccontate da amiche, apprese durante il mio lavoro: ho lavorato 12 anni al consultorio familiare di Bologna, sono laureata in scienze biologiche e scienze infermieristiche e ostetricia. Essendo anche un’ostetrica, mi occupavo dei colloqui con donne che intendevano interrompere la gravidanza: le ascoltavo, cercavo di indirizzarle e anche questi motivi mi hanno portato ad approfondire il discorso violenza. Prima di scrivere questo libro mi sono documentata, ho fatto ricerche, ho studiato i vari studi pubblicati fino a quel momento, per trattare lo spossessamento, la frammentazione e la dissociazione sofferta dalle donne che hanno subito violenza in chiave poetica. Mi sono ispirata al pioneristico lavoro di ricerche fatto da due studiose americane, Burgess e Holstrom nel 1974, con le vittime di stupro al Boston City Hospital. Queste due studiose hanno descritto la “sindrome da trauma di stupro” e, da qui, parte la mia descrizione del sentito emozionale delle donne protagoniste delle storie che racconto nel libro. Racconto di come la donna in qualche modo perda la propria immagine di sé, il suo racconto di vita viene proprio interrotto dalla violenza, una violenza inattesa o annunciata da quella psicologica. Ci sono diversi tipi di violenza, io ho cercato di dare proprio una panoramica per sensibilizzare riguardo all’argomento, non ho descritto le storie come sono raccontate dalla cronaca ma con accostamenti poetici ho dato un’immagine alla violenza per far entrare il lettore attraverso la poesia nella drammaticità della violenza.

E’ un libro molto crudo, fa a volte venire i brividi per come vengono raccontate le storie. Do però anche delle vie di fuga alla fine del libro. Nel libro ci sono anche storie di resistenza, di rabbia, di manifestazione dell’odio. In esso non c’è censura, né pregiudizio, viene anche offerta alla donna la possibilità di odiare il proprio carnefice senza censura perché fa parte di un percorso. Ogni parte del libro rappresenta un percorso che spero possa condurre la donna a cercare la forza dentro di sé, a cercare di ricrearsi una vita, a ritrovare l’immagine persa di sé. Ho cercato di sensibilizzare la donna affinché possa creare un’unione con se stessa. Ho cercato di trasmetterle il messaggio di trovare soprattutto la forza in se stessa.

Nel libro ci sono anche molte immagini di animali, c’è una personificazione della violenza. Ho utilizzato l’elemento animale per creare immagini sia negative che positive, come per esempio la bestialità dell’uomo ma anche la libertà attraverso l’immagine delle ali. L’unico filo conduttore è la violenza. La differenza tra ciò che apprendiamo dalla cronaca e il mio libro sta nel come si vivono le parole. Creo infatti differenti realtà con il mio modo di rappresentare la violenza.

Quali sono state le sensazioni nell’immergersi in storie così toccanti e perché ha deciso di utilizzare la poesia?

La poesia è uno strumento che ha un grande potere, mi è servita per svegliare le coscienze, le emozioni, è uno strumento efficace perché crea immagini insolite, la forza è proprio della poesia! E’ molto potente, penetrante. Rinvia a questo mondo crudo: con la poesia ho potuto materializzare la violenza attraverso figure retoriche, metafore, sono riuscita attraverso la poesia a materializzare la violenza, a renderla corporea, a creare queste immagini vive,tanto che sembra quasi di essere in quei luoghi perché ho cercato proprio di riportare la realtà in chiave poetica. Ho potuto abbracciare l’oscurità della parola per poi cercare di radiare quest’oscurità con delle emozioni, emozioni mie che spero di trasmettere al lettore. Riguardo alle sensazioni provate nel riportare le varie storie devo dire che ero molto toccata, alcune volte dovevo fermarmi per poi riprendere a scrivere. Quando leggevo quello che scrivevo mi sentivo sconvolta, pensavo a come fossero uscite da dentro di me quelle cose, ma intanto erano lì e volevano uscire. Sono molto sensibile al tema trattato perché io stessa da piccola ho subito violenza: avevo un patrigno che picchiava mia madre. La vita per fortuna dà modo di avere una rivincita. Questo libro rappresenta per me un progetto per andare incontro agli altri, per essere quella piccola goccia che insieme ad altre può rappresentare il cambiamento. Per me è un argomento molto sentito. Le mie emozioni sono quelle dei lettori, sono quelle delle donne che hanno subito violenza.

Quale messaggio vorrebbe arrivasse maggiormente?

Cerco di trasmetterne tanti. Vorrei cercare di comunicare alla donna che non è sola, che la violenza è un fenomeno trasversale, più frequente di ciò che pensiamo, il messaggio che vorrei che passasse è che l’educazione è importantissima, è importantissimo capire il fenomeno per poterlo riconoscere, tutti possiamo riconoscerlo e fare la differenza, creando un nuovo schema per trattare le persone, un nuovo schema sentimentale, relazionale. Bisogna lavorare sulla mentalità, perché  la violenza è così presente in ogni parte del mondo! Non bastano le istituzioni, noi tutti dobbiamo riconoscerla, allontanarla, agire anche a livello culturale. Il mio libro è uno strumento che fa parte di un progetto culturale ed educativo, un mezzo per me per creare un confronto, un dialogo aperto. Non è solo un libro, è ben di più.

Ha ricevuto tanti riconoscimenti durante la sua carriera letteraria. C’è un momento di questo percorso che ricorda in maniera particolare e perché?

Certo. Ricordo un premio ricevuto, “Premio Prato Città Aperta”che non ha rappresentato per me solo un premio a livello materiale. In quell’occasione infatti ho avuto modo di conoscere persone meravigliose che ora fanno parte dei miei amici, un gruppo teatrale di Firenze, la compagnia “Altroteatro”. Spesso mi accompagnano alle mie presentazioni e rappresentano le mie idee con le loro capacità. I premi frequentemente ti aiutano a conoscere nuovi luoghi, persone.

Un altro momento molto bello l’ho vissuto all’Ambasciata di Cuba a Roma dove ho presentato questo libro. Lì ho potuto respirare nuovamente la cultura e l’aria del mio paese. A Cuba nel 2020 hanno cambiato la Costituzione e hanno introdotto nuove leggi sulla violenza di genere. Seguo sempre, anche se da lontano, il mio paese: lì ci sono le mie radici. Essere all’Ambasciata di Cuba e vederla piena di persone con un grande interesse verso il mio progetto, mi ha aperto il cuore, è stata un’emozione immensa. E ancora tra i vari momenti belli da ricordare c’è la presentazione del libro al “Salone Internazionale del Libro” di Torino o ancora nel “Borgo Antico” di Bisceglie. Momenti belli, importanti ce ne sono molti e spero ce ne siano tanti altri.

Progetti futuri?

Sto pensando di portare il libro nelle scuole, nelle università. Vorrei portare il libro in giro, dove serve, soprattutto per agire, per educare all’affettività, al sentimento, all’empatia. Miro proprio a questo: portare il libro nelle scuole, a un progetto itinerante.

Termina il mio viaggio nelle parole di Yuleisy. Viaggio che chi vuole può magicamente intraprendere attraverso le sue parole, le sue poesie.

“Questo libro rappresenta per me un progetto per andare incontro agli altri, per essere quella piccola goccia che insieme ad altre può rappresentare il cambiamento!”.

Proprio così! Tante gocce unite possono rappresentare il cambiamento! Per arrestare ciò che addolora, ferisce. Gocce… Che possano aumentare innumerevolmente! Fino a formare… Il mare!

                                      a cura di Saporito Margherita