Il piccolo schermo, con l’azienda Rai, entrava per la prima volta nelle case e nei locali pubblici d’Italia nel 1954, cambiando non solo il modo con il quale si accedeva all’informazione e all’intrattenimento, compito affidato fino ad allora alla sorella radio che quest’anno compie 100 anni, ma anche accendendo il dibattito nelle famiglie su gusti e opinioni che cominciarono presto ad essere divergenti e plurali.
Ad oggi, la televisione può essere considerata e intesa non solo come fonte di informazione, di approfondimento culturale e di intrattenimento ma anche come strumento che stimola particolari dinamiche sociali. Infatti, è un trasmettitore di norme, valori e concetti che lo rendono il terzo ‘agente socializzatore’, dopo la famiglia e la scuola. Fornisce, soprattutto ai più giovani, modelli culturali ed esempi di vita da cui poter attingere.
Di queste dinamiche sociali e di altri temi legati all’influenza che la televisione ha sul pubblico dei telespettatori, abbiamo il piacere di parlarne, in questa nostra intervista, insieme a Dario Cecconi, giornalista esperto di comunicazione massmediale, direttore operativo della produzione multimediale e autore e conduttore di una prima fortunata edizione di ‘Testa & Cuore’, trasmissione di informazione, approfondimento e interviste a tema, in onda sul circuito regionale toscano ‘7 Gold’, di cui cura anche la regia.
Dario Cecconi, come possiamo definire la televisione?
“La televisione è uno dei mezzi di comunicazione più potenti in assoluto ed è anche il più utilizzato e amato, a livello mondiale. È uno strumento decisamente pratico, in grado di informare, intrattenere, divertire il pubblico che ormai lo considera parte integrante della propria vita”.
Perché la televisione viene considerata il terzo ‘agente di socializzazione’?
“Perché, su larga scala, offre una rappresentazione della realtà che si affianca a quella proposta dalla famiglia e dalla scuola. Offre esempi da cui attingere per elaborare e costruire la propria immagine personale e sociale”.
E questi esempi sono positivi, secondo lei?
“Dobbiamo riconoscere che il mondo dei media offre conoscenze indirette, spesso filtrate e organizzate a priori in base a logiche tecniche che trascendono da obiettivi di tipo educativo o culturale, essendo dichiaratamente orientate anche a finalità commerciali. L’importante è offrire la possibilità a chi ascolta e guarda la tv di riconoscere tra le tante offerte quelle positive e dal valore umano che, in tutti i sensi, servano da esempio e siano fonte di ispirazione e di riflessione per il pubblico”.
Quali sono i suoi programmi televisivi preferiti?
“I programmi pensati, che mettono in risalto, in modo semplice ma intelligente, la cultura artistica, letteraria, scientifica, senza troppe pretese. Generalmente, io preferisco i programmi ‘contenitore’, in cui possiamo trovare di tutto, dai momenti di divertimento a quelli di riflessione e in cui si stabilisce un rapporto diretto, immediato e trasparente con il pubblico. Li preferisco di gran lunga ai format importati. Mi piace molto la tv che pone lo sguardo sui valori positivi della vita, sulla solidarietà, sulle scelte di vita coraggiose e che racconta la vita vera. Esaltiamo la tv positiva e di contenuto”.
Che cos’è, per lei, la televisione di qualità?
“Sono convinto che la qualità stia nell’ideale di televisione ‘popolare’, nella tv fatta di messaggi positivi e di proposte di livello, che sappiano coniugare tradizione e modernità, nel segno dei contenuti. La televisione di qualità è capace di rivolgersi, in modo aperto e sano, a tutti. Dovremmo dimenticare il concetto del ‘va tutto bene purché se ne parli’ e dei ‘fenomeni da baraccone’ del momento, perché quello non è ‘pop’ ma ‘trash’. Il ‘pop’ ha una sua identità; il ‘trash’, invece, no. La televisione, per essere di qualità, ha bisogno di identità, perché proprio di questa si compone, offrendola agli spettatori, al pubblico, quello vero, fatto di persone reali e non di ‘followers’. La televisione di qualità è ricca di serenità, di garbo, di rispetto. Accanto all’esigenza di accontentare gli spettatori, dimostra la volontà di stimolare il buon gusto e l’intelligenza, nella consapevolezza che solo la comunicazione ‘positiva’ può nobilitare concetti e contenuti, riconoscendo massima dignità al pubblico. In sintesi: contenuti e positività per una tv vincente”.
Ci fa un esempio di ‘comunicazione positiva’ in tv?
“La comunicazione positiva è caratterizzata dalla positività del rapporto tra presentatore e spettatore, dal clima emotivo positivo che si respira nel corso di un programma televisivo, dai rapporti umani che possono essere rilassati o felici, euforici o tranquilli, ma comunque positivi. Inoltre, è una comunicazione che ricarica le batterie di chi vi è immerso e vi prende parte, lasciando, così, un’impronta positiva”.
Un’ultima domanda, a proposito di informazione e di ‘fake news’: pensa che il moltiplicarsi dei nuovi strumenti di comunicazione e la diffusione dei numerosi canali social abbiano contribuito al propagarsi delle false notizie? Questo problema è figlio del passaggio dai cosiddetti vecchi media ai nuovi media?
“Credo che la questione non riguardi, in modo specifico, la rete o i nuovi media, ma l’universo dell’informazione vecchia, nuova, tradizionale, digitale, su base generale. Per mezzo della rete e delle tecnologie digitali il problema si è moltiplicato e aggravato, perché più diffuso. Ma non è che la ‘fake news’, la bugia, la mistificazione o la manipolazione siano invenzioni dei tempi moderni, sono una costante nella storia dell’umanità. La novità è che oggi assistiamo a un effetto moltiplicatore di questi fenomeni e a un uso molto disinvolto dei nuovi strumenti digitali che hanno aumentato l’efficacia e la potenza di fuoco della manipolazione. Possiamo dire che abbiamo una novità quantitativa e abbiamo anche una novità qualitativa, la cosiddetta disintermediazione, ovvero l’illusione che si possa abolire qualsiasi filtro professionale tra la realtà e la sua rappresentazione. Questo provoca come conseguenza un’ondata di inaffidabilità, di approssimazione e anche di menzogna che, probabilmente, ha dimensioni superiori rispetto al passato”.