Eccoci al nostro, potremmo definirlo, rituale appuntamento con le amiche di “Cuore di libro”, felici di donare ciò che hanno percepito leggendo “Dare la vita” di Michela Murgia.
L’incontro come di consueto si svolge alla Libreria Tasso a Sorrento.
In “Dare la vita si “ascolta” un’intelligenza superiore, un modo di ragionare fuori dagli schemi e privo di giudizio.
Non so se sia un’opera d’arte oppure no, se lo fosse e si potesse incorniciare con ogni probabilità varrebbe milioni di euro.
Diventerebbe un bel quadro, ma poi riflettendo giunge alla mente che non tutti gli/le artisti/e vengono compresi/e, alcuni/e sono addirittura ostacolati/e, contestati/e, e allora c’è da chiedersi: ne vale la pena? Sì, assolutamente sì. Vale la pena di realizzare ciò che si desidera.
Michela Murgia analizza, spiega, chiarisce il suo punto di vista e da lì parte il “casino”; la libertà per alcune persone è un difetto, altre non la comprendono con nitidezza, altre ancora la vorrebbero limitare o concedere secondo i loro gusti, poi arrivano quelli/e che la intendono come si dovrebbe ossia: “Se non faccio male a qualcuno posso dire e fare quel che mi pare!”.
La Murgia si esprime a fin di bene, suo prima di tutto e poi lo estende all’intera umanità, sempre che lo voglia questa, a tratti perplessa, umanità.
Le sue parole sono chiare e forti: “L’attuale Stato sociale in Italia è ancora pensato per confinare le donne di preferenza a casa, a occuparsi della cura di anziani? e bambini?. Sul disincentivare il lavoro fuori casa, va riconosciuto che il sistema è stato efficientissimo: l’Italia ha i tassi di occupazione femminile più bassi in Europa dopo la Grecia, e le statistiche dicono che venticinquemila donne all’anno lasciano il lavoro dopo il primo parto. Per contro, una donna su quattro sceglie di non mettere al mondo né crescere nessuno, piuttosto che perdere le opportunità conquistate con lo studio e il lavoro. I cosiddetti bonus bebè proposti periodicamente da partiti di ogni posizionamento danno un messaggio disarmante: questa paghetta serve a te genitore per arrangiarti giusto un anno nel trovare privatamente i servizi che lo Stato dovrebbe offrirti e non ti offre.
Il bonus bebè fa esattamente quello che non dovrebbe fare: pone al centro del discorso pubblico il neonato, invece che la condizione sociale strutturalmente fragile di sua madre.
Per far nascere un bambino ci vuole un villaggio, dice un antico detto africano, ma la politica continua a ripetere l’esatto contrario: per far crescere un villaggio ci vogliono bambin??, e siccome non le fate la colpa della decrescita è vostra. Le campagne paternalistiche come l’indimenticato Fertility Day, che scaricano sulle donne la responsabilità delle culle vuote, non solo non servono a nulla, ma sono offensive e umilianti. Le donne italiane ricominceranno a dare la vita quando per farla venire al mondo e crescerla non sarà più necessario amputare la propria.
Io la mia maternità la vivo senza essere mai passata dallo stato interessante. Forse per questo, come racconterò più avanti per la prima volta, allo Stato non è mai interessata.”
In “Dare la vita” si approfondisce il termine queer con proverbiale onestà.
Michela Murgia è stata un’intellettuale, attivista e scrittrice.
Tradotta in 25 paesi, in tre continenti, e ha ricevuto numerosi premi tra cui il Campiello, il Super Mondello e il Cavalierato delle arti e delle lettere del ministero della cultura francese. Tra i suoi libri ricordiamo: Accabadora, Ave Mary, Chirú, Istruzioni per diventare fascisti, Stai zitta, L’incontro, God Save The Queer, Tre ciotole. Rituali per un anno di crisi, Ricordatemi come vi pare.
Le amiche lettrici sono pronte per un’amabile scambio di visioni.
Patrizia Pollio: “È certamente un libro bellissimo. Io, però, ultimamente sto cercando di evitare di leggere gli stessi autori, perché alla fine mi deludono; il primo libro, il secondo, possono andare bene, purtroppo dal terzo in poi trovo ogni volta, più o meno, la stessa trama. La struttura del racconto è praticamente simile. Ho bisogno di cambiare spesso autore, solo così riesco a trovare qualcosa di diverso.”
Nora Rizzi: “Questo argomento la Murgia lo aveva già trattato anche se in modo differente. “Dare la vita” non è un libro di Michela Murgia, è scritto dai suoi cosiddetti figli che hanno riunificato tutto ciò che lei diceva. Quindi è una ripetizione. Tre pagine potevano bastare per raccontare quello che lei pensava della maternità non solo biologica, ma, diciamo, concettuale, e avrebbero risposto meglio al suo pensiero che già compare ne “Le tre ciotole”.”
Angela Ansalone: “Io l’ho trovato molto interessante, dato che forse è un argomento con cui non mi ero incontrata ancora. Certo non è il libro che si legge dicendo: che piacevolezza, come un romanzo. È un piccolo saggio di vita vissuta, di esperienza individuale, di quello che lei pensa di un tipo di famiglia completamente diversa da quella che noi conosciamo.
Mi è piaciuto molto l’approfondimento sulla maternità e la gravidanza surrogata, che lei ha vissuto in prima persona. Inoltre mi ha fatto riflettere sulle parole che vengono usate. È stato un andare a fondo sulle varie tematiche rispetto a come ci si pone e in che modo bisognerebbe regolamentare una maternità del genere, che dice lei, è importante che venga legalizzata, visto che altrimenti si farà in una maniera decisamente incongrua a danno di altre persone, senza che vengano tutelati i diritti e i momenti di salute precaria.
Poi rispetto alla famiglia queer c’è in più il lato pratico che lei racconta, suo personale, di quando è in viaggio con uno dei padri non biologico, ma acquisito, di un minorenne, e ha il problema che non può andare all’estero, perché potrebbero pensare che abbiano rapito il ragazzo, visto che non risulta da nessuna parte che sia figlio loro. Quindi lei pone la questione dei nuovi assetti familiari che dovrebbero avere una normativa, ma figuriamoci siamo lontani anni luce, almeno noi in Italia, all’estero probabilmente l’avranno già una legge che normi questi aspetti.”
È stato, come al solito, bello incontrarsi, conoscersi e riconoscersi in questo cerchio magico di vite che nella lettura di un libro mette al primo posto il cuore.
Per il prossimo incontro le amiche lettrici hanno scelto il romanzo di Alessia Castellini “Il sentiero delle formichelle”.
A cura di Maria Grazia Grilli
Immagine del Libro Rizzoli