Con il melodramma in due atti Bianca e Falliero, si è aperta ieri sera la 45a edizione del Rossini Opera Festival, rassegna lirico-musicale che si tiene dal 1980 a Pesaro (città natale del Musicista) ed è volta al recupero teatrale, musicologo ed editoriale della produzione rossiniana (repliche 11, 14 e 19 agosto 2024).
Rappresentata nell’ Auditorium Scavolini (riaperto al pubblico dopo molti anni), la nuova produzione si avvale della regia di Jean Lous Grinda (dal 2007 direttore dell’Opéra de Monte-Carlo), mentre scene e costumi sono firmati dallo scenografo e decoratore egiziano Rudy Sabounghi: anche se spesso dimessi, questi ultimi hanno il pregio di mutare di continuo permettendo di godere del dramma musicale nel suo fluire compatto più efficace.
Sul podio Roberto Abbado ha diretto con piglio sicuro ed essenziale (come d’abitudine) l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai e un cast all’altezza della situazione che annovera nei ruoli del titolo Jessica Pratt (Bianca) e Aya Wakizono (Falliero).
Sul palco anche il coro Ventidio Basso di Ascoli Piceno diretto da Giovanni Farina.
L’edizione critica della Fondazione Rossini è firmata da Gabriele Dotto, già autore nel 1996 di due volumi in merito.
L’opera indubbiamente molto attesa, dato che mancava dal cartellone del ROF da 38 anni -è stata sinceramente apprezzata dal pubblico che ha tributato a tutti gli interpreti e i protagonisti (Jessica Pratt in testa) lunghi e prolungati applausi.
Dopo aver conquistato già dal 1815 il San Carlo di Napoli e trionfato con Mosé in Egitto e Ricciardo e Zoraide (1818), Rossini (al tempo 26enne) venne incaricato di inaugurare la stagione di Carnevale del Teatro alla Scala (1819).
Vi aveva già rappresentato La pietra del paragone (1812), Aureliano in Palmira (1813), Il Turco in Italia (1814) e La gazza ladra (1817) che aveva riscosso un successo trionfale.
Volle pertanto andare incontro all’elegante pubblico milanese con un’opera di impostazione classica, in cui poter sviluppare quegli stilemi che lo avevano reso famoso, tra cui l’ornamentazione.
Il libretto – scritto da Felice Romani che già aveva collaborato con lui ne Il Turco in Italia- seguiva sostanzialmente lo svolgimento dell’azione della tragedia francese di Antoine Vincent Arnault, Blanche et Montcassin (1798), ad eccezione del finale che nell’opera del Compositore è lieto, in quella francese è tragica (il padre di Blanche, durante il processo, toglieva il cappuccio a Montcassin, già giustiziato e condotto cadavere davanti al Consiglio dei Tre). Una simile scena sarebbe stata improponibile in Italia: avrebbe certamente irritato la censura e offeso i gusti del pubblico.
Per quanto attiene alla parte musicale, mi preme sottolineare che l’ouverture di Bianca e Falliero, anche se non è celebre come le altre, non manca di spunti interessanti, tanto che il Compositore (che aveva sempre poco tempo a disposizione e orrore per gli sprechi) decise di sfruttarla come il brillante tema iniziale dell’Allegro vivace, ripreso nell’ouverture di Le siège de Corynthe (1826).
La prima di Bianca e Falliero (26 dicembre 1819) non ripeté il successo de La gazza ladra (31 maggio 1817) ma certamente non sfigurò, dato che aveva potuto contare su un cast d’eccezione di cui facevano parte il soprano Violante Camporesi (Bianca), il noto basso Giuseppe Fioravanti (Capellio, il promesso sposo) e il contralto Carolina Bassi-Manna (il generale Falliero, l’uomo amato dalla protagonista), giudicata da Stendhal (autore di una famosa biografia sul Maestro) la sola cantante che si avvicini alla signora Pasta: com’è noto, Giuditta Pasta fu considerata assieme a Maria Malibran, la più celebre cantante lirica del XIX secolo).
Bianca e Falliero fu rappresentata alla Scala per ben 39 serate, molte di più della celebrata Gazza Ladra. Alcune cronache dell’epoca non mancarono di riferire dell’ottima accoglienza del pubblico, a cui probabilmente non corrispose un giudizio altrettanto lusinghiero da parte della critica che in quegli anni aveva ascoltato e apprezzato Le Nozze di Figaro, Don Giovanni, Così fan tutte, Il flauto magico di Mozart e il balletto Le creature di Prometeo di Beethoven.
Dopo essere stata ospitata fino al ’33 in diversi teatri italiani ed europei (tra cui quelli di Vienna, Lisbona e Barcellona), l’opera sparì dai cartelloni per oltre un secolo, eccezion fatta per una ripresa al Civico di Cagliari nel 1846.
La prima ripresa moderna risale al 1986 nell’ambito del Rossini Opera Festival di Pesaro con Donato Renzetti sul podio, la regia di Pier Luigi Pizzi e un cast formato da Marilyn Horne (Falliero), Chris Merritt (Contareno) e Katia Ricciarelli (Bianca).
Paola Cecchini