Dopo la prima esperienza con il romanzo “Mala Jin”, quest’anno, per la seconda volta, la scrittrice napoletana Anna D’Auria parteciperà alla prestigiosa vetrina letteraria Casa Sanremo Writers: nel clou della settimana del Festival, venerdì 9 febbraio, presenterà nella cittadina ligure, precisamente al Palafiori, il suo ultimo romanzo, “Trema la vita. Dalle macerie del sisma rinasce la speranza” (Officine Culturali Romane, 2023). Protagonista una giovane ragazza irpina che, durante il terremoto del 1980, vive il dramma della perdita di una bambina che porta in grembo. Nella seguente intervista, l’autrice ci parla nello specifico della genesi e del contenuto del suo romanzo.
Per la seconda volta ha visto un suo romanzo selezionato per Casa Sanremo. Una bella soddisfazione?
Sì, assolutamente! Essere selezionata anche quest’anno è stata una conferma molto gradita. Venerdì prossimo presenterò il mio nuovo romanzo nel prestigioso salotto letterario di Casa Sanremo, insieme all’autrice della prefazione, Lucia Cerullo, presidente dell’Associazione Rise Up. Peraltro io e la stessa Cerullo, giovedì 8, proporremo ai lettori anche un altro libro, “Il mare è … rosa’’ che raccoglie le biografie di dieci donne impegnate nel sociale per la valorizzazione e la tutela di diritti femminili. Sono onorata di aver contribuito alla stesura del volume che, scritto a più mani e con l’impegno di perseverare nella sinergia, è un valido e tangibile sostegno per minori e donne in difficoltà. Inoltre, aspetto l’esito del concorso letterario Sanremo Writers che potrebbe regalarmi una bella sorpresa.
L’intreccio di “Trema la vita” si snoda sullo sfondo storico del terremoto in Irpinia…
Esatto: è il 1980, siamo a Bisaccia, un piccolo borgo di origini medievali, accogliente e modesto, sconvolto improvvisamente da un terribile sisma che strappa alla vita tremila persone tra uomini, donne e bambini. Aurora, appena diciassettenne, riesce a sopravvivere al terremoto, ma perde una parte di sé, la bambina che porta nel suo giovane grembo, un lutto che sembra insuperabile. La sua vita, per la prima volta, trema subendo un forte sconvolgimento, da cui gradualmente e con coraggio riesce a riprendersi…
Il punto focale del romanzo sta proprio nel superamento di un lutto repentino che segna profondamente la vita della protagonista. Qual è l’elemento di svolta?
È difficile riscattarsi dal dolore, ricostruire ex novo la propria vita dopo una tragedia così immane, ma non è impossibile. Serve un input, che può essere rappresentato da un affetto o da un oggetto carico di valenze affettive, come dimostra la vicenda di Aurora. La sua salvezza è racchiusa in una fotografia scattata anni prima dal padre, che le indicherà la strada per la rinascita. Inizia, così, la nuova vita della giovane protagonista che diventa una fotoreporter d’assalto per testimoniare, attraverso la fotografia, i drammi di terre e popoli violentati e oppressi dalla mano umana. Durante uno dei suoi numerosi viaggi, sul vagone di un treno, incontra un’anziana guru indiana, che le consegna la speranza di poter ritrovare in vita quella figlia creduta persa per sempre…
Quali sono le sfide e le difficoltà maggiori che ha dovuto affrontare durante la stesura del romanzo?
Non è stato semplice ricostruire la vita delle donne indiane, raccontata nella seconda parte del libro dalla voce della coprotagonista Kamala. Quest’ultima parla ad Aurora della sua esistenza trascorsa a mendicare e le narra le storie di diverse donne che hanno vissuto soprusi e drammi personali. È stato doloroso dar voce alle sofferenze e alle umiliazioni subite dalle donne in gran parte dell’India meridionale, dove esse sono prostrate dalla miseria e dall’ossequio alla tradizione. Tuttavia si tratta di donne resilienti, capaci di maturare nel dolore, con la rara forza del loto che, radicato nel fango, gradualmente trova il suo riscatto sbocciando alla luce, aggrappandosi disperatamente alla vita.
a cura di Massimiliano Longobardo