Se la pazienza fosse in vendita al mercato, chi non ne comprerebbe un po’?
La pazienza è merce rara e chiunque la possieda è un ricco privilegiato essere umano.
“Eroica virtù”, a sentire Leopardi. Come dargli torto?
Le sue origini etimologiche parlano chiaro: patire. Per fortuna ha tanti altri amici e amiche che non ci vanno giù così pesanti: sopportare, tollerare situazioni sfavorevoli, rimandare la reazione o addirittura non reagire affatto, eccola qua la virtù. “Eroica”, perché c’è da fare un lavoretto di fino.
Perdere la pazienza è una brutta perdita, mentre aspettare è divenuta un’arte, ormai, con le sue regole e la sua bellezza.
Apprezzare l’attesa e buttare a mare la frenesia è vivere appieno il momento presente.
Qualcuno riesce benissimo nella coltivazione di questo atteggiamento, qualcun altro non sa neppure cosa voglia dire: aspettare. “Tutto e subito” è il sollazzo mondano. Del resto si impara o meglio si inocula nelle creature quando sono piccole e inconsapevoli.
Praticare la lentezza e quindi la pazienza può rigenerare la vita, quando questa tenda ad arrendersi alla sofferenza.
La pazienza non è la forma passiva dell’essere, bensì quella attiva che nello stare dove sta, senza scalpitare, trova la strada per uscire dal dolore.
La pazienza dona resistenza, tenacia. E non bisogna figurarsi l’inerzia o la scomparsa della voce, anzi si possono scoprire abilità inaspettate: la chiarezza, volendo. Formidabile alleata nelle interazioni con gli altri, ma per dirla tutta, anche e soprattutto con noi stessi/e e le nostre abnormi aspettative che, in alcuni casi, offuscano la mente.
Pazientare è vivere più radicati nel terreno, sia esso fisico, mentale o spirituale e chi più ne conosce più ne metta.
In fondo, la pazienza fa sì che non si aggiungano difficoltà a quelle che già si stanno sperimentando. Ottimo direi! No?
Ora però basta con queste mie parole, non vorrei spazientirmi.
La conclusione sarà bene affidarla, con l’entusiasmo di chi ha trovato un tesoro, a una poesia: “Sulla pazienza”, attribuita a Rainer Maria Rilke.
“Bisogna, alle cose,
lasciare la propria quieta, indisturbata evoluzione
che viene dal loro interno
e che da niente può essere forzata o accelerata.
Tutto è: portare a compimento la gestazione – e poi dare alla luce…
Maturare come un albero
che non forza i suoi succhi
e tranquillo se ne sta nelle tempeste
di primavera, e non teme che non possa arrivare l’estate.
Eccome se arriva!
Ma arriva soltanto per chi è paziente
e vive come se davanti avesse l’eternità,
spensierato, tranquillo e aperto…
Bisogna avere pazienza
verso le irresolutezze del cuore
e cercare di amare le domande stesse
come stanze chiuse a chiave e come libri
che sono scritti in una lingua che non conosciamo.
Si tratta di vivere ogni cosa.
Quando si vivono le domande,
forse, piano piano, si finisce,
senza accorgersene,
col vivere dentro alle risposte
celate in un giorno che non sappiamo.”
A cura di Maria Grazia Grilli
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