1917 è la storia di due amici e soldati inglesi, Blake e Schofield, inviati oltre le loro trincee, nella
cosiddetta Terra di Nessuno, per consegnare un importantissimo messaggio al Battaglione Devon: “non
attaccate, è una trappola dei Tedeschi”.
Una missione impossibile che contiene in sé la dicotomia tra il sacrificio di due vite e l’annientamento di
un intero reggimento. Milleottocento soldati, tra i quali vi è anche il fratello di uno dei due protagonisti,
saranno destinati a morte sicura se i ragazzi non dovessero arrivare a destinazione prima del momento
fissato per l’attacco: l’alba.
Il film si condensa solo in questo.
Lo scopo perseguito, infatti , è mostrarci il forte legame che lega tra loro indissolubilmente fratelli, amici
e in generale tutti gli esseri appartenenti al genere umano in quanto tali.
Un vincolo che il registra, Mendes ,vuole esaltare tanto da spingere i suoi protagonisti a difenderlo anche
a costo della vita.
La storia è un appassionante e toccante racconto di sopravvivenza, di attaccamento all’esistenza, di
volontà di cogliere la bellezza anche nei momenti più disperati e di rischiare tutto per un bene più grande.
Schofield, infatti, sacrifica la possibilità di riabbracciare la propria famiglia non per la patria, non per le
medaglie, non per un ideale ma, per salvare altri esseri umani.
Si affronta il rischio di morire per proteggere la vita di altri uomini: padri, mariti e garantire loro la
possibilità di vedere un’alba in più.
Un concetto genuino e nobile, importante, che eleva il giovane soldato, rendendolo il più nobile degli
eroi.
Un film da apprezzare per la sua capacità di trattare la prima guerra mondiale, con la violenza e la morte
che la caratterizzarono, solo come lo sfondo di un avventura che narra, essenzialmente, una vicenda di
coraggio, di amore per la vita, di speranza per il futuro.
Il registra mette in scena una storia che sotto l’apparente semplicità narrativa discopre una potenza visiva
coinvolgente e viscerale che conquista lo spettatore facendogli vivere, quasi in prima persona,
l’avventura rischiosa ed emozionante dei suoi protagonisti.
Così noi vedendolo ci sentiamo come dentro ad un vivissimo videogioco trascinati, fin da subito, nelle
soffocanti e anguste trincee, veri e propri formicai, per arrivare alla terra di nessuno. Qui regnano
sporcizia, fango, e noi, insieme al protagonista, respiriamo la morte e calpestiamo i cadaveri decomposti
di uomini e animali. Continuiamo a correre per raggiungere la nostra meta, sfidando il tempo. Ci
imbattiamo in fattorie abbandonate, case devastate, città distrutte, notti in fiamme. Cadiamo in fiumi
impetuosi divenuti culle di vite troncare.
Lo spettatore può apprezzare , scena dopo scena, l’abilità tecnica della fotografia che è impressionante nel
ricreare un ambiente estremamente verosimile, ricco oltre che di passaggi inquietanti anche di luoghi
poetici e struggenti, ancora non contaminati dalla devastazione della guerra che incombe sempre.
La cinepresa si concentra, a volte, su alcuni particolari strazianti, come una bambola dimenticata in
una casa saccheggiata, altre volte, invece ,su immagini raccapriccianti, come la rappresentazione degli
agglomerati di corpi di caduti che giacciono a terra privi di una pietosa sepoltura,dandoci così una
vivida ricostruzione della grande guerra.
Il film ci restituisce un passato che è necessario ricordare. Un passato costituito da intere generazioni
mutilate al fronte, confinate in trincee (in)umane con la sola speranza di riuscir a tornare a casa dai propri
famigliari ma comunque disposte al sacrificio estremo per gli altri.
Piccoli uomini ma, grandi eroi per lo più sconosciuti ma che giammai dovrebbero esser dimenticati.
Giulia Petillo